Coltellate ai militari, il giudice: «Hosni era frustrato, emarginato e fragile»

Coltellate ai militari, il giudice: «Hosni era frustrato, emarginato e fragile»
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Giovedì 21 Giugno 2018, 20:41 - Ultimo aggiornamento: 22 Giugno, 10:39
MILANO Aveva in tasca due coltelli e la sera del 18 maggio 2017, mentre si aggirava in stazione Centrale, li ha impugnati ferendo due militari e due agenti della Polfer. Per quell’aggressione Ismail Tommaso Hosni - vent’anni, nato in Italia da madre italiana e padre tunisino, arrivato nel nostro Paese nel 2015 - è stato condannato a sette anni di carcere e tre anni di misura di sicurezza, a pena espiata, per un vizio parziale di mente. Sulla sua «condizione psichica» ha influito la «situazione di emarginazione, di frustrazione affettiva e relazionale, di fragilità emotiva accompagnata da una non completa maturazione sotto il profilo intellettivo», scrive il gup Roberta Nunnari nelle motivazioni della sentenza pronunciata lo scorso 2 marzo.
 VIVEVA IN STRADA, DORMIVA IN UN FURGONE
Hosni, rileva il giudice, ha messo in atto un’azione «spropositata», un «gesto inconsulto», quando le forze dell’ordine gli hanno chiesto i documenti, azione non supportata «da un movente rivendicativo o ideologico». E’ stato indagato per terrorismo internazionale per aver postato video inneggianti all’Isis su Facebook, ma i pm hanno chiesto l’archiviazione. E’ stata una perizia, disposta dal giudice su richiesta del difensore Giusi Regina, ad accertare che la capacità di intendere e di volere del giovane era «grandemente scemata al momento del fatto». I periti hanno infatti segnalato un «ritardo» nello sviluppo mentale di Hosni, un disturbo della personalità, oltre al fatto che nel corso dell’aggressione era sotto l’effetto di cocaina. Il giovane viveva per strada, dormiva in una sorta di “furgone-casa” e spesso dormiva in stazione Centrale. La sua azione contro le forze dell’ordine, sottolinea il gup rifacendosi alla perizia, «è stata però sorretta da una particolare “esaltazione emotiva”, tale da consentire di registrare una sorta di corto circuito psico-fisico al termine del quale Hosni è apparso come “svuotato”». «SRADICATO E SENZA AFFETTI»
Secondo il giudice, il giovane ha reagito a una «legittima richiesta di esibire i documenti che ha interpretato come necessitante una reazione-aggressione in chiave difensiva».
Aveva quei coltelli «ritenendosi in qualche modo in pericolo, pur non avendo difficoltà a ricordare ed ammettere di averli rubati» in un supermarket poco prima. A detta del gup, «è indubbio che Hosni sia emotivamente fragilissimo e abbia patito un impoverimento relazionale che si è tradotto in una disfunzione psicopatologica a fronte di facoltà cognitive insufficienti». Le sue «scarse risorse» si sono «ulteriormente depauperate nel tempo a causa dello stile di vita in un soggetto giovane, sradicato dal contesto culturale in cui aveva sempre vissuto, privo di punti di riferimento affettivo». Ha, però, buttato via i coltelli dopo l’aggressione e dunque la sua capacità di intendere e di volere non era completamente «scemata». La sua azione, prosegue il gup, «è tipica di soggetti sui quali è agita una forza, quasi patita nel momento di essere estrinsecata». No alle attenuanti generiche, tuttavia, considerato che non ha mai «preso consapevolezza della gravità del gesto». E’ pericoloso socialmente perché «soggiogato dai propri impulsi». Il giudice ha anche disposto l’espulsione a pena espiata dal momento che non ha documenti che provino la cittadinanza del nostro Paese, anche se sia per la difesa che per la procura risulta italiano.
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