Genova: il presidente Mattarella, i vigili del fuoco, l'imam e i calciatori Uomini e simboli che riuniscono il paese

Genova: il presidente Mattarella, i vigili del fuoco, l'imam e i calciatori Uomini e simboli che riuniscono il paese
di Mauro Evangelisti e Sara Menafra
7 Minuti di Lettura
Domenica 19 Agosto 2018, 12:23
dai nostri inviati
GENOVA È stato il giorno del lutto nazionale. Tutta l’Italia ha reso omaggio a Genova, con manifestazioni anche sorprendenti: catene umane spontaneamente organizzate dai bagnanti sulle spiagge (è successo a Savona) e momenti di raccoglimento dalla gente nei luoghi più impensati, come in un supermercato Carrefour di Roma dove il direttore ha invitato i clienti a osservare un minuto di silenzio. A Genova, mentre si svolgevano i funerali di Stato, tra polemiche politiche, applausi e fischi alle autorità, non sono mancate figure umane che hanno saputo unire la gente e raccogliere il consenso unanime della città. Come il presidente della Repubblica, che prima delle esequie ha visitato il luogo della strage.

IL PRESIDENTE MATTARELLA
La giornata del presidente della Repubblica Sergio Mattarella è cominciata ben prima del funerale solenne che ha richiamato nel padiglione Jean Novel della Fiera del Mare almeno cinquemila genovesi, oltre ai familiari delle diciannove vittime. Alle dieci di mattina, come prima cosa, va a salutare i vigili del fuoco che sono ancora sotto il ponte Morandi a scavare.

Si avvicina, stringe le mani a tutti quelli che stanno ancora spostando macerie, poi si ferma: proprio pochi minuti prima, dopo giorni di ricerche, è stata trovata la macchina che si sperava salvata da un miracolo. Ancora una volta una famiglia, i Cecala, padre, madre e bambina di nove anni. 
Al presidente viene mostrata solo la vettura schiacciata, quel poco che si è riusciti a recuperare, lui non trattiene la commozione. Poi stringe di nuovo le mani dei vigili del fuoco e li ringrazia: «Potevo esserci io su quel ponte, ci sono passato spesso anche di recente».

Politico di un tempo cancellato, considerato troppo schivo, troppo poco esplicito nelle sue mosse, il presidente della Repubblica è stato ieri il più capace di mettersi in sintonia con la città ferita. A cominciare da quella immediata vicinanza ai vigili del fuoco. Mattarella è l’unico politico nazionale a non commentare coi giornalisti né davanti al ponte né nel corso della visita ai tre ospedali che ancora curano i feriti (uno, gravissimo, è morto proprio ieri): quelle visite sono state quasi private e per questo sentitissime.

L’applauso quando entra nel padiglione più importante della Fiera del Mare conferma quel filo stretto con un paese addolorato e confuso, tra i politici solo Matteo Salvini e Luigi Di Maio sono più applauditi di lui, tra le istituzioni i vigili del fuoco. Mattarella passa parecchio tempo con i familiari delle vittime, li abbraccia, scambia con ciascuno alcune parole. Alla fine, con gli occhi visibilmente arrossati dalle lacrime, lascia comunque che le telecamere lo inquadrino mentre scandisce le tre priorità che l’Italia, dice, deve avere in questo momento.

La prima, lo scandisce ben due volte, è la severità nell’accertare quanto accaduto: «Le parole vanno spese in questa direzione, un paese unito rende più forte e più efficace la severità per l’accertamento della verità. E una tragedia che ha coinvolto tanti, tutto il nostro paese. È una tragedia inaccettabile» e quindi: «Vi sono tre impegni che vanno adesso onorati: quello di vicinanza ai familiari di chi ha perso la vita, ai feriti e alle famiglie che hanno dovuto lasciare le abitazioni perché in pericolo. L’impegno di un accertamento rigoroso e sollecito delle responsabilità. Il dovere di assicurare al nostro paese la sicurezza delle strade e dei trasporti».

I VIGILI DEL FUOCO
Di fronte al comando dei Vigili del fuoco di Genova qualcuno ha lasciato uno striscione bianco, con disegnato un nastro nero e una scritta in rosso: «14-08-18, grazie ragazzi, Zena (Genova in ligure)». Da mezzogiorno di martedì, subito dopo il crollo, 250 Vigili del fuoco, di Genova, del resto della Liguria, da tutta Italia, gli specialisti delle ricerche tra le macerie e le unità cinofile, stanno lavorando prima per salvare le vite, poi per recuperare i corpi, infine, per mettere in sicurezza la zona. Sono spesso gli stessi volti e le stesse competenze visti in Abruzzo per la tragedia dell’hotel Rigopiano, ma anche ad Amatrice, a Norcia e a Visso, per il terremoto. Ecco, tutto questo spiega perché ieri, al di là dei consensi per il nuovo governo, oltre alla riconoscenza per carabinieri, polizia e protezione civile, il fenomeno inedito è stato rappresentato dal sostegno ricevuto dai vigili del fuoco. Quando alcuni dirigenti del corpo dei Vigili del fuoco, accompagnati dal capo della comunicazione, Luca Cari, sono entrati nel padiglione della Fiera dove stavano per cominciare i funerali di Stato delle vittime di Genova e si sono diretti ai posti che erano stati loro assegnati, si è sentito un applauso scrosciante, partito prima da chi era seduto nelle ultime file, rilanciato poi dal resto della grande struttura.

L''IMAM
Quando l’imam Mohamed Dachan e il presidente della Comunità islamica di Genova, Hussein Salah, lasciano il padiglione della Fiera dove sono appena terminati i funerali di Stato di una parte delle vittime del crollo di Ponte Morandi, dal pubblico, dai cittadini genovesi, si alza un applauso che li accompagna per tutto il percorso. «Anche noi siamo rimasti sorpresi», ammette un ragazzo musulmano. Lo stesso era successo durante la cerimonia, quando il cardinal Angelo Bagnasco, che ha celebrato la messa, ha spiegato che sarebbe stato concesso un po’ di tempo alla comunità islamica per ricordare due giovani musulmani morte nel crollo, Marjus Djerri, 22 anni, e Admir Bokrina, 32. A quel punto la folta comunità albanese, che si è stretta attorno alla famiglia in modo molto composto (in molti hanno notato che al termine del funerale tutti hanno ripulito la zona in cui hanno assistito al funerale, raccogliendo la bottigliette di plastica) si è avvicinata al feretro dei due ragazzi. L’Imam ha spiegato che Genova saprà rialzarsi, che il crollo di un ponte, fisico o metaforico, provoca sempre un grande dolore, «preghiamo perché la Pace sia per tutti voi, per l’Italia, per gli italiani». Anche in quel momento dai 4.000 che hanno assistito al funerale si è sollevato un applauso sincero.

Ecco, chi ama le semplificazioni banali, direbbe che è anomalo che la stessa folla che ha applaudito il leader della Lega, Matteo Salvini, abbia acclamato e incoraggiato i rappresentanti della comunità islamica. Commenta Salah Hussein: «Anche noi siamo cittadini di Genova, nei momenti belli e in quelli del dolore, avremmo partecipato a questi funerali anche se non ci fossero state le vittime musulmane. Abbiamo voluto rinsaldare il ponte di comunicazione con la città, l’accoglienza che abbiamo avuto, sono sincero, ci ha fatto molto piacere. Significa che il ponte Morandi, purtroppo, è crollato, ed è una cosa molto triste, ma è rimasto saldo il ponte della comunicazione del dialogo». Marjus e Admir il 14 agosto stavano andando a lavorare, a bordo di un furgoncino di una ditta di pulizie. Il più giovane giocava nella squadra ligure di calcio del Campi Corniglianese, in seconda categoria, era un attaccante. Ieri, per l’ultimo saluto, c’erano tutti i suoi compagni di squadra, indossavano la casacca nero-verde. La stessa che era stata adagiata sulla bara, firmata da tutti i componenti del team. Ricorda Matteo, compagno di squadra di Edi: «Era un ragazzo allegro, molto ben voluto da tutti. Il campo da allenamento è proprio a cinquecento metri dal ponte. Era un po’ la nostra mascotte, aveva sempre un sorriso, anche quando le partite andavano male. Ci mancherà». Lo zio di Admir invece ha sottolineato: «Siamo arrabbiati, ovviamente, perché abbiamo perso un nostro caro. Crediamo e speriamo sia fatta giustizia». La madre del ragazzo: «Stava andando a lavorare, io ero in Albania, ho sentito in televisione che era crollato un ponte a Genova».

SAMPDORIA E GENOA
Divisi dal derby, uniti dal dolore, compatti nell’abbraccio a Genova e alle famiglie di chi è morto nella catastrofe del 14 agosto. Se il calcio ha alimentato le polemiche perché non si è fermato neppure nel giorno del lutto nazionale per le vittime di Ponte Morandi, le squadre genovesi hanno dimostrato il loro forte legame con la città. Ieri mattina, applauditi, i dirigenti, i tecnici e i giocatori delle due squadre, Genoa e Sampdoria, sono entrate insieme nel padiglione fieristico e insieme hanno assistito al funerale. Sono rimasti vicini i due capitani, il genoano Domenico Criscito e il blucerchiato Fabio Quagliarella. Uno a fianco all’altro i presidenti delle due società, Enrico Preziosi e Massimo Ferrero. C’erano anche i due allenatori, Davide Ballardini e Marco Giampaolo. Non è passato inosservato Ballardini quando si è alzato e ha a lungo abbracciato un familiare di una delle vittime del crollo. Tra i più colpiti dalla tragedia, c’era proprio il capitano del Genoa, Criscito, che il 14 agosto aveva percorso il viadotto poco prima del crollo. Le partite delle due squadre genovesi sono le uniche ad essere state rinviate della prima giornata di serie A: il Genoa avrebbe dovuto giocare al Meazza contro il Milan, la Sampdoria in casa contro la Fiorentina.
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