Genitory gay, boom di ricorsi ai giudici

Genitory gay, boom di ricorsi ai giudici
di Valeria Arnaldi
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Giovedì 2 Marzo 2017, 08:20
Decise, documenti alla mano, a rivolgersi al tribunale per ottenere il riconoscimento del loro ruolo di genitori. Sono decine e decine le coppie omosessuali, con figli nati attraverso la procreazione assistita, pronte a presentarsi davanti al giudice, dopo la sentenza della corte d'Appello di Trento che due giorni fa, per la prima volta in Italia, ha riconosciuto il pieno status di padri a una coppia gay con gemelli nati da madre surrogata in Canada.

Dunque, non solo al padre che ha un legame biologico e genetico con i bambini, ma pure al compagno. Un precedente storico, che ora in molti intendono far valere in tutta Italia. «Soltanto nel mio studio, ho già qualche decina di coppie con le carte in regola per affrontare il giudizio - dice l'avvocato Alexander Schuster, che ha seguito la coppia nella battaglia, durata otto anni, portandola all'importante traguardo - e nelle ultime ore, ho ricevute molte richieste da parte di altre coppie. Seguo casi di questo tipo in tutta Italia e all'estero. Parlo solo per il mio studio, ma conosco tante situazioni pure altrove».

IL PRECEDENTE
Per tutti, ora, la speranza è nel precedente trentino. «Il principio affermato nella sentenza - spiega Schuster - è quello neutro e plurisecolare per cui si cerca di allineare i risultati di diversi ordinamenti in tutti i Paesi, ove non ci sia nulla di contrario all'ordine pubblico. In Canada la donna che ha partorito i due gemelli non è riconosciuta come madre, né si sente tale. L'Italia non potrebbe imporle il ruolo. Il Canada ha indicato nella coppia i genitori dei bimbi. Non riconoscere il secondo padre avrebbe significato privare i bambini di uno dei genitori». Insieme da tempo, la coppia, otto anni fa, si è sposata in Canada, appunto, e ha iniziato le procedure per la maternità surrogata.
L'incontro con la donna è avvenuto tramite agenzia. Sono seguiti test psicologici per le parti coinvolte e confronti, fino al raggiungimento dell'accordo. Poi, sei anni fa, sono nati i gemelli.

«Sono bimbi sani e felici - conferma l'avvocato - quando sono andato a dare la notizia alla famiglia, i genitori sono rimasti senza parole per l'emozione, i figli giocavano sereni. Per loro non è cambiato nulla. Avevano già due papà».
E un'«amica di famiglia» lontana, con cui la coppia mantiene rapporti, che li ha messi al mondo per aiutare chi non poteva farlo. La sentenza di Trento ha aperto la strada ma non l'ha spianata. Perché ci sono anche altri precedenti che contano, in una giurisprudenza, di fatto, ambigua. A settembre dello scorso anno, la Cassazione ha riconosciuto l'atto di nascita di un bambino nato da due donne - una ha donato gli ovuli, l'altra lo ha partorito - sposatesi in Spagna nel 2009. La sentenza ha ribadito l'interesse prevalente del minore ad avere entrambi i genitori. Il Tribunale di Torino aveva negato la trascrizione, ritenendola «contrastante con il principio di ordine pubblico in base al quale madre è soltanto colei che ha partorito il bambino».

A novembre, però, il tribunale di Milano ha rigettato il ricorso di due donne unite civilmente che volevano adottare l'una la figlia dell'altra, avute tramite fecondazione assistita dallo stesso donatore.

A fine anno la corte d'appello di Milano ha accolto la richiesta di trascrizione dei certificati di nascita di due bimbi di una coppia gay, nati in California da maternità surrogata. La madre è la stessa, ma poiché gli ovuli sono stati fecondati ognuno da un padre, in Italia non sono ritenuti fratelli.

L'INTERVENTO LEGISLATIVO
«La confusione è evidente - dice l'avvocato Angelo Schillaci, membro del gruppo legale Famiglie Arcobaleno - Sono sentenze quindi ogni giudice può adottare l'orientamento che ritiene opportuno. Finché non ci sarà una legge, la tutela dei figli non potrà dirsi uniforme sul territorio». «Occorre trovare modi per incentivare condotte eticamente rispettose dei valori e disincentivare quelle non accettabili come lo sfruttamento - aggiunge Schuster -. Quando si parla di questi argomenti si pensa sempre che dietro ci sia una donna sfruttata ma non è necessariamente così.

Non si può generalizzare ma si deve tutelare». L'importanza di un intervento legislativo è sottolineata ancora una volta dalla senatrice Monica Cirinnà: «Alla Camera, la Commissione Giustizia ha chiuso l'indagine per capire lo stato della legge sull'adozione e che modifiche apportare. In un Paese civile deve essere tutelato il diritto di tutti i bambini a una famiglia. La normativa attuale prevede l'adozione solo per etero sposati, ma le famiglie oggi sono tantissime: conviventi, monoparentali, unite civilmente. Serve una norma moderna». Ma la Cei non ci sta e reagisce per bocca del cardinale Bagnasco: «I figli non sono necessariamente un diritto».
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