L'ex maresciallo (ora in pensione), avrebbe mentito di fronte al gup del tribunale di Vigevano Stefano Vitelli, che il 30 ottobre 2009 lo aveva interrogato nel processo con rito abbreviato ad Alberto Stasi. L'avrebbe fatto secondo l'accusa per cercare di giustificare un suo errore investigativo, il mancato sequestro della bicicletta nera da donna - uno degli elementi chiave dell'indagine - custodita nell'officina del padre di Alberto, che pure corrispondeva in larga misura a quella vista da una testimone davanti alla casa di Chiara all'ora del delitto. Marchetto sostenne di non averla sequestrata perché «non corrispondeva», aggiungendo di esserne sicuro perché aveva sentito «in diretta voce» la testimone Franca Bermani mentre descriveva i particolari di quella bici, difformi da quella che lui aveva visionato la mattina dopo il delitto. Dal processo è emerso invece che Marchetto non era presente durante la deposizione della donna.
L'indagine della magistratura pavese venne avviata in seguito a una denuncia dei genitori (stamani in aula a Milano) e del fratello di Chiara che, nonostante la dichiarazione della prescrizione del reato intervenuta lo scorso aprile, si sono visti riconoscere un risarcimento di 10 mila euro ciascuno in quanto la Corte ha confermato per il resto la sentenza di primo grado.
Per il loro legale, l'avvocato Tizzoni «anche l'esito di questo procedimento parallelo conferma l'impianto delle sentenze dell'appello bis e della Cassazione che hanno riconosciuto Stasi come unico responsabile dell'omicidio di Chiara». L'ex carabiniere ha dichiarato: «non mi posso più fidare di quella che consideravo la giustizia e per la quale mi sono battuto per trent'anni».
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