Ergastolano evaso, tre persone portate in caserma. La madre: «Non costituirti»

Domenico Cutrì, l'ergastolano evaso(Foto Finotti/Ansa)
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Mercoledì 5 Febbraio 2014, 12:40 - Ultimo aggiornamento: 6 Febbraio, 10:22

Sono contenta che Domenico sia libero, se ci fosse un giusto processo sono sicura che si costituirebbe. Lo ha detto Maria Antonietta Lantone, madre di Domenico Cutr, il detenuto evaso due giorni fa, parlando con i giornalisti al termine di un breve incontro con il pm Raffaella Zappatini, titolare delle indagini, in Procura a Busto Arsizio. Intanto continua la caccia in tutta Italia dell'ergastolano calabrese, considerato molto pericoloso. Tre persone sono state portate nella caserma dei carabinieri di Gallarate (Varese) per essere interrogati.

La donna ha incontrato il pm per chiedere notizie sull'autopsia sul corpo del figlio, Antonino Cutrì, morto per una ferita riportata nell'assalto al furgone della polizia penitenziaria fuori dal Tribunale di Gallarate che ha portato alla liberazione dell'ergastolano Domenico Cutrì. Non è stata ancora fissata una data per l'esame autoptico.

Un'evasione «fatta in famiglia», sfociata nel sangue, e che avrebbe potuto aver conseguenze ancor più pesanti di un morto e due agenti della Polizia penitenziaria feriti non in modo grave. I carabinieri di Gallarate e Varese hanno delle «direttrici precise» su cui lavorare per rintracciare Domenico Cutrì, 32 anni, ergastolano, evaso ieri dopo una feroce sparatoria fuori del tribunale di Gallarate dove doveva sostenere un processo per truffa in buona parte destinato alla prescrizione. Le sue intenzioni, però, quelle di suo fratello Antonino, 30 anni, morto in ospedale dopo il conflitto a fuoco con gli agenti di scorta, e dei suoi complici erano altre: si sono presentati a bordo di due auto che, a mano armata, si erano fatti consegnare da due malcapitati automobilisti a Bernate e ad Arluno, nel Milanese, solo qualche ora prima dell'azione. A bordo di un Suv Nissan, trovato in un'angusta via accanto al Tribunale, un arsenale: fucili a pompa, a canne mozze e molte munizioni.

La Nissan e la Citroen C3 con cui la madre di Domenico e Antonino, Maria Antonietta Lantone, ha accompagnato il figlio morente all'ospedale di Magenta ora sono sotto l'esame dei carabinieri del Reparto operativo di Milano: eventuali tracce organiche potranno essere utili per identificare gli altri componenti del commando. Gli investigatori, coordinati dal pm di Busto Arsizio, Raffaella Zappatini, sono convinti che il gruppo avesse già predisposto dei covi, da utilizzare a seconda di come si fossero messe le cose. I famigliari di Cutrì non hanno spiegato molto quando sono stati sentiti (e non si può indagare i congiunti per favoreggiamento). La sorella dell'evaso ha raccontato che un altro fratello, Daniele, 23 anni, era partito domenica sera per Napoli, con un amico, per una gita. Il ragazzo, però, non si trova e i sospetti che abbia avuto un ruolo nell'azione ci sono. La loro madre, Maria Antonietta Lantone, dice che per Antonino liberare il fratello era un'ossessione, ne parlava spesso e lei aveva cercato di dissuaderlo, ma del piano di evasione non sapeva niente. Qualche informazione i carabinieri la aspettano dal padre Cutrì, che passa buona parte dell'anno a Reggio Calabria. È arrivato a Busto in serata. L'autopsia chiarirà poi anche la dinamica del ferimento mortale di Antonino, colpito mentre correva verso la Citroen parcheggiata ad alcune centinaia di metri, mentre la Nissan con l'arsenale era a poco distanza dal tribunale. Un piano meticoloso che, però, è andato in parte storto, se sono stati costretti a lasciare le armi che, notoriamente, hanno una storia e possono far risalire a chi le ha usate. Continua la caccia all'uomo, quindi, a quella persona «pericolosissima», come ha detto il pg di Torino, Marcello Maddalena che sostenne il processo di secondo grado al termine del quale Domenico Cutrì fu condannato all'ergastolo per omicidio.

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