I militari dell’Arma hanno apposto i sigilli all’Istituto d’arte e all’Ipsia, frequentati da circa 800 studenti, perché «totalmente abusivi»: forti di un esercito di prestanome dalla fedina penale immacolata, secondo gli inquirenti, le cosche Cordì e Cataldo avevano trovato il modo per far cassa con le scuole.
Nel corso delle indagini, gli investigatori sono inciampati in un’altra famiglia di mafia, il clan Alì. «Il cimitero di Locri non è del Comune, ma degli Alì», ha svelato ai magistrati l’ex sindaco Francesco Macrì. «Il camposanto – ha rivelato poi – è il nodo più spinoso di Locri, speriamo che qualcuno intervenga.
Per cambiare una lampadina, una persona deve andare da loro, anche chi vuole un loculo deve rivolgersi a loro. Il Comune non esiste».
Tra gli indagati, il papà dell’attuale sindaco, Giuseppe Calabrese, un funzionario comunale, Gianni Macrì, un ex consigliere provinciale, l’avvocato Luca Maio, due fratelli, Antonio e Rocco Maiorana, e un imprenditore del posto, Pietro Circosta. Determinanti i verbali riempiti dal collaboratore di giustizia Domenico Oppedisano.I carabinieri hanno anche sequestrato beni riconducibili agli indagati per un totale equivalente di 12 milioni di euro.
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