Coppi: «Cene poco eleganti, ma reati non provati»

Coppi: «Cene poco eleganti, ma reati non provati»
di Cristiana Mangani
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Giovedì 12 Marzo 2015, 05:41 - Ultimo aggiornamento: 12:24
ROMA - Che si tratti di Berlusconi o di un comune imputato, per Franco Coppi poco importa. Tanto che ieri mattina, dopo il grande risultato ottenuto al Ruby 1, il professore si è ripresentato in Cassazione per difendere Ilir Beti, imprenditore albanese che ha imboccato la A26 contromano per dimostrare la sua abilità al volante, uccidendo quattro ragazzi francesi.



Era stato condannato a 21 anni, ma l'avvocato ha vinto anche questa volta: il caso ritornerà in appello per essere riesaminato.



Professore, come si passa da Berlusconi a Beti?

«Ho deciso di difendere l'ex premier perché c'è stata una cortesissima richiesta dell'avvocato Ghedini e, siccome io di mestiere faccio l'avvocato e ho sempre ritenuto che purché si rispettino le regole del gioco si può difendere chiunque, non vedo perché non avrei dovuto assisterlo. Per di più, francamente, mi sembrava anche di difendere una buona causa visto l'esito di questo processo. Per Beti vale lo stesso».



La sentenza di assoluzione, come prevedibile, sta facendo discutere. C'è chi parla di chiedere i danni.

«Il problema dei danni per la condotta del magistrato è una questione che mi ha sempre trovato molto molto cauto, perché, salvo i casi di dolo o di colpa gravissima, non possiamo addebitargli una valutazione dei fatti che un giudice di appello ha ritenuto sbagliata. Il giudice deve essere libero e sereno nella valutazione e l'appello serve proprio per correggere l'eventuale errore del primo grado. Non si possono chiedere i danni solo perché la sentenza è stata cambiata in secondo grado».





Qualcuno azzarda che la legge sulla decadenza abbia favorito Berlusconi.

«Io, invece, credo che la riforma della Severino non abbia portato dei cambiamenti significativi favorevoli a Berlusconi, le ipotesi di reato sono rimaste le stesse. Un tempo un pubblico ufficiale rispondeva di concussione per induzione e di concussione per costrizione e continua ancora oggi a risponderne, anche se la nuova legge ha diversificato le sanzioni stabilendo la punibilità pure dell'indotto. Per il pubblico ufficiale la Cassazione ha sempre affermato la continuità tra la vecchia e la nuova normativa. Quindi Berlusconi non ha tratto vantaggi di alcun tipo, tanto è vero che è stato accusato di concussione per costrizione secondo il vecchio articolo 317 del Codice penale».



Cosa potrebbe aver convinto la Corte a confermare l'assoluzione?

«Nella sentenza di Appello, che a me sembrava meticolosissima, i fatti sono stati ricostruiti con grande puntualità. E quando si è arrivati all'ultimo gradino da cui dipendeva la prova della costrizione o quella della conoscenza della minore età di Ruby, i giudici hanno detto che mancava il passaggio finale: non c'era la prova che la richiesta di interessamento da parte di Berlusconi si fosse trasformata in un ordine. Così come non c'era la prova, dato e non concesso che avesse avuto rapporti con questa minore, che fosse anche a conoscenza del fatto che non avesse 18 anni. Quindi è una sentenza meticolosa ma tutta in punto di fatto. Ha riconosciuto anche circostanze non piacevoli per l'ex premier».



Ovvero che non si trattava di cene eleganti ma di serate con prostitute? Anche lei, in aula, sembra aver confermato questa ipotesi.

«Più che confermare abbiamo preso atto. Noi non eravamo ricorrenti, non è che potevo impugnare la sentenza di appello per dire: “erano cene eleganti o cene non tanto eleganti”, non ero legittimato, sarebbe stato un ricorso inammissibile. Quindi abbiamo preso atto che la sentenza ha ritenuto che ci fossero queste cene non eleganti anche se mancava l'ultimo passaggio: le prove. A noi difensori interessava fino a un certo punto il contesto generale, la questione era di vedere se ci fosse stato l'ordine e se ci fosse la conoscenza della minore età. Ecco perché abbiamo, per così dire, concesso tutto».



Come ha fatto a convincere Berlusconi a esternare di meno?

«Si è voluto polemicamente creare un dualismo tra una linea Ghedini e una linea Coppi. Da quando ho assunto la difesa, con l'avvocato Ghedini sono andato d'amore e d'accordo. Io difendo tutti così. Dei miei processi meno si parla meglio mi sento. Insomma, un avvocato può suggerire all'assistito di tenere o non tenere certi comportamenti. Se l'assistito si fida lo segue».



L'ex premier le ha manifestato il suo entusiasmo? Merita un monumento.

«No, per carità, le statue in genere si fanno dopo morti. È come i libri in onore, il premio alla memoria. A parte che non merito tanto, avrei terrore, superstizioso come sono, di passare davanti a una mia statua. Mi dovrei munire di un corno enorme. No no, meglio di no».