Processo Maugeri, Formigoni chiede di patteggiare: istanza respinta

Processo Maugeri, Formigoni chiede di patteggiare: istanza respinta
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Martedì 22 Maggio 2018, 18:33
MILANO Avrebbe tentato la strada del patteggiamento, con una pena a due anni, l’ex presidente di Regione Lombardia Roberto Formigoni. Nel processo d’appello sul caso Maugeri e San Raffaele è imputato per corruzione, reato per il quale è già stato condannato in primo grado a sei anni di reclusione. Il procuratore generale Vincenzo Calia però ha giudicato la richiesta non idonea, ragion per cui non è stata formalizzata in aula.
SCONTI DI PENA
La mossa a sorpresa è avvenuta stamane nell’udienza del procedimento sui fondi neri distratti dalla clinica Maugeri. Alcuni imputati hanno avanzato una richiesta di patteggiamento accolto dalla procura, strada processuale resa possibile anche in secondo grado dalla riforma dell’ordinamento giudiziario del ministro Orlando. L’istanza, davanti alla quarta corte d’Appello di Milano, è dei legali del presunto faccendiere Pierangelo Daccò (difeso dall’avvocato Paolo Krogh) e dell’ex assessore lombardo Antonio Simone (difeso dall’avvocato Giuseppe Lucibello), accusati come l’ex governatore di corruzione. Richieste accolte: per Daccò la pena in primo grado di 9 anni e 2 mesi è stata ridotta a 2 anni e 7 mesi. E sconto anche Simone: da 8 anni e 8 mesi a 4 anni, 8 mesi e 15 giorni. Tecnicamente quello di Daccò e Simone non è un patteggiamento vero e proprio. I due imputati rinunceranno parzialmente ai motivi d’appello in seguito a un accordo sulla pena raggiunto con la procura generale. «Una scelta loro incommentabile», sbotta Formigoni. Che spiega: «Tengo a precisare che non ho fatto alcuna richiesta di patteggiamento. Quando lo hanno avanzato gli altri imputati, nella speranza di renderlo più accettabile hanno chiesto ai miei difensori se ero disponibile anch’io. E loro hanno risposto: “Solo a due anni”. Io vado avanti con il processo. Sono tranquillo riguardo alla mia assoluta innocenza. Le dichiarazioni di Simone non corrispondono alla verità: dei suoi atti ne risponde lui, i miei atti sono limpidi».
«SO DI NON AVERE COMMESSO REATI»
Anche i difensori di Formigoni, stando alle indiscrezioni trapelate dall’udienza, avrebbe proposto in apertura di discussione un patteggiamento (a tre anni e mezzo), ma l’accordo con la procura non sarebbe stato raggiunto per l’entità troppo lieve della pena, considerando anche il fatto che il procuratore aggiunto Laura Pedio, nei suoi motivi d’appello, aveva chiesto una condanna più severa. In primo grado i giudici hanno inflitto all’ex direttore amministrativo della Maugeri, Costantino Passerino, 7 anni e all’imprenditore Carlo Farina 3 anni e 4 mesi. Assolti invece l’ex direttore generale della sanità lombarda Carlo Lucchina, l’ex segretario generale del Pirellone Nicola Maria Sanese, l’ex dirigente regionale Alessandra Massei, l’ex moglie di Simone Carla Vites e Alberto Perego, amico storico dell’ex presidente lombardo. Per questi la Procura non ha impugnato la sentenza dei giudici e non ha nemmeno impugnato l’assoluzione relativa al reato di associazione per delinquere. Ha invece chiesto per le persone già condannate pene più severe. «Tengo a precisare - ha proseguito Formigoni - che non ho fatto alcuna richiesta di patteggiamento», a 2 anni di carcere, nemmeno, a suo dire, un sondaggio informale. «Sto partecipando al processo d’appello per la Fondazione Maugeri. Sono fiducioso. So quello che ho fatto e quello che non ho fatto e so di non aver commesso reati», commenta Formigoni.
BENEFIT PER 70 MILIONI
Per l’accusa il faccendiere Pierangelo Daccò e l’ex assessore lombardo Antonio Simone sarebbero stati «il bancomat» tramite il quale l’ex governatore avrebbe goduto di una serie di benefit di lusso, tra cui «viaggi ai Cairabi e barche con tanto di champagne a bordo».
In questo modo il Celeste, per i pm di Milano Laura Pedio e Antonio Pastore, era «capo» di un «gruppo criminale» che avrebbe «sperperato 70 milioni di euro di denaro pubblico con un grave danno al sistema sanitario». Soldi sottratti ai malati con una «corruzione sistemica durata dieci anni, fondi pubblici che erano destinati a curare malattie, ad accorciare liste di attesa, ad aumentare posti letto, a comprare farmaci - ha affermato il pm nella sua requisitoria - E anche i soldi con cui è stato costruito un ospedale in Cile per i bambini cerebrolesi sono stati rubati ad altri malati». La condanna di primo grado ha stabilito che dalle cassedella Fondazione Maugeri sarebbero usciti, tra il 1997 e il 2011, 61 milioni di euro e dal San Raffaele (altro filone del processo), tra il 2005 e il 2006, altri 9 milioni. Denaro finito su conti e società di Daccò e Simone, che poi avrebbero garantito a Formigoni oltre 6,6 milioni in benefit di lusso, In cambio l’allora presidente del Pirellone avrebbe favorito la Maugeri con atti di giunta e rimborsi non dovuti per 200 milioni
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