Così la vecchia agricoltura favorisce caporali e tragedie

di Antonio Pascale
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Giovedì 9 Agosto 2018, 00:09
Quello che sappiamo per certo è che Foggia e provincia sono tra le zone più fertili e produttive d’Italia. Quello che invece più raramente si analizza è la superficie media delle aziende agricole. I dati sono on line e si reperiscono facilmente. A Foggia (la superficie) si aggira intorno ai 10 ettari. Nelle altre province pugliesi, invece, la suddetta media scende molto, si stabilizza intorno ai 4 ettari. Sono numeri, lo so, e i numeri sono difficili da far passare, soprattutto in un dibattito pubblico, dove è meglio - ma questo sta diventando un problema enorme- parlare per slogan o ancora meglio trovare subito un capro espiatorio. 

Per esempio, è molto diffusa la convinzione che il caporalato (del resto, piaga atavica del sud) con tutto quello che di tragico (vedi eventi di questi giorni), di disumano ne deriva sia una conseguenza, come dire, una risposta ai prezzi bassi imposti dalla grande distribuzione. La grande distribuzione spingerebbe al ribasso. Naturalmente, sempre a proposito di numeri, non si dice quale sarebbe il prezzo giusto, ma intanto si fa strada l’idea che siccome la grande distribuzione gioca sporco, gli imprenditori agricoli sarebbero - minacciati come sono- quasi costretti a usare mano d’opera a bassissimo costo e non quella regolarmente assunta (con le ovvie norme sindacali e di tutela). 

Anche i controlli a questo punto verrebbero meno, perché gli organismi addetti sono i primi ad accorgersi che questi prezzi imposti generano schiavi: gli schiavisti, insomma, stanno in alto e non in basso. Può essere allora di aiuto per analizzare alcune dinamiche economiche tornare ai numeri di cui sopra? Se sì, dobbiamo per prima cosa ammettere che quella superficie è rispetto alle altre nazioni molto ma molto bassa. In Europa, la superficie media delle aziende agricole partendo da quella più alta a quella più bassa è la seguente: 165 ettari in Repubblica Ceca, 65 in Danimarca,56 in Germania e infine 53 ettari in Francia. Altri numeri, visto che ci siamo? Gli imprenditori agricoli sono anziani, c’è un basso ricambio generazionale. L’anzianità è associata a scarsa, quasi nulla, propensione all’innovazione. 

Lo so che non sembra uno spot pubblicitario ma i pomodori si possono raccogliere anche con le macchine, e non sono mica inferiori (come qualità) rispetto a quelli raccolti a mano, anzi. Per di più oltre alla difficoltà di innovare, nemmeno si è abituati a cooperare e dividere i costi. Per esempio, nel Sud fa ridere che quando si parla di Cooperativa: la cooperativa di tizio, come se appunto fosse quella di un privato e non di un’associazione. Restando in ambito cooperativistico è anche noto che spesso si usano le cooperative per conferire i prodotti di scarto, mentre quelli buoni li si vende sottobanco, ottenendo prezzi più alti. Questi numeri magari non supportano slogan e tifoserie e nemmeno accendono gli animi tuttavia ci parlano. Tornando al caso Foggia le aziende agricole con quella superficie già bassa, con i noti problemi di innovazione, sono per il 99% ditte individuali e per il 96% a conduzione diretta. 

Bene, la domanda infame è: perché solo da noi - e non solo nel Sud- prevale ancora questo modello di organizzazione imprenditoriale fondato sulle aziende piccole e a conduzione diretta, con imprenditori anziani che non se la sentono di cooperare né di innovare e che tuttavia cercano di far campare una famiglia, magari numerosa, con un’azienda che se va bene raggiunge i 10 ettari? Perché a ben vedere i prezzi che la grande distribuzioni offre in Europa non sono più bassi che da noi, quindi quel prezzo magari è giusto, quello che è ingiusto e immorale e anacronistico è fondare un’agricoltura moderna con questi numeri.
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