Per l'accusa, la bancarotta si sarebbe concretizzata nella distrazione di 2,6 milioni di euro, quando la Ste era già in difficoltà economica. I soldi, per il pm, sarebbero andati in parti uguali, a inizio 2005, a Verdini e a Parisi - 1,3 mln euro a testa - nell'ambito di un'operazione per cui la Ste avrebbe dovuto acquistare dagli stessi imputati quote di un'altra società, la Nuova Toscana Editrice srl, che aveva soli 62mila euro di capitale sociale e che, a sua volta, era in netta perdita. Secondo la procura, Verdini avrebbe agito come «dominus del gruppo», «assumendo tutte le decisioni strategiche» e finanziarie. «Verdini - ha aggiunto il pm Turco - ha detto in aula di aver finanziato a lungo la società Ste, ma è anche vero che riceveva montagne di denaro dalle società editoriali». Nonostante questo, c'è stata comunque la bancarotta e la società editoriale che pubblicava Il Giornale della Toscana è fallita. Nel pomeriggio, il processo è proseguito con le arringhe dei difensori.
«Ho solo dato a questo giornale, l'ho sempre fatto, dall'inizio alla fine, per tenerlo in vita - ha dichiarato Verdini a processo - Mi fa enorme dispiacere che con un debito sanato e lo sforzo, siamo arrivati lo stesso al fallimento.
Con l'iniziativa del pubblico ministero sono stati sospesi i contributi di 2,5 milioni all'anno: il giornale è fallito per questa ragione». Il suo difensore, il professor Franco Coppi, ha chiesto l'assoluzione dell'ex senatore. Coppi ha sostenuto la non punibilità di Verdini, poiché il presunto depauperamento della Ste, sostenuto dall'accusa, sarebbe avvenuto dieci anni prima della dichiarazione di fallimento e, comunque, sarebbe stato seguito da un atto riparatorio con cui lo stesso Verdini avrebbe compensato i debiti. Il processo non si è concluso oggi e la prossima udienza si terrà il 14 giugno.
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