Terrorismo, Fatima condannata a 9 anni di carcere

Terrorismo, Fatima condannata a 9 anni di carcere
di Claudia Guasco
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Lunedì 19 Dicembre 2016, 13:00 - Ultimo aggiornamento: 21 Dicembre, 19:40

Milano E' la prima foreign fighter italiana condannata. Maria Giulia Sergio, arruolata in Siria con il nome di Fatima, dovra' scontare nove anni di reclusione per terrorismo internazionale. La sentenza della prima Corte d'Assise conferma la richiesta del procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e del pubblico ministero Paola Pirotta, titolari dell'inchiesta. Condannati anche gli altri cinque imputati. Per il marito di Fatima di nazionalità albanese, Aldo Kobuzi, la pena è di dieci anni (uno in più rispetto alla richiesta della procura), mentre la madre e la sorella di Kobuzi, Donika Coku e Seriola Coku, sono state condannate entrambe a otto anni. Nove anni per Haik Bushra, che gestiva gruppi di indottrinamento e avrebbe dato a Fatima la spinta finale per partire, quattro anni (con il riconoscimento delle attenuanti generiche) per Sergio Sergio, il padre di Fatima, unico non latitante. Per tutti gli imputati, con l'esclusione di Fatima e del padre, i giudici hanno ordinato l'espulsione dal territorio nazionale, anche se nessuno di loro si trova al momento sul suolo italiano.

DECAPITAZIONI
E' Fatima il personaggio centrale dell'inchiesta: ventinove anni, di origini campane, è la prima combattente jihadista italiana. E' partita due anni fa da Inveruno, in Brianza, e ora si troverebbe in Siria dove insegna il Corano agli albanesi. Mentre il marito, sostengono gli investigatori, lavora per la polizia religiosa del Daesh, il sedicente Stato islamico. "Non è una pazza", ha sottolineato il pm Maurizio Romanelli nella sua requisitoria. "Ha una straordinaria pericolosità", così come gli altri "soldati" che hanno raggiunto i territori controllati dall'Isis dall’Italia e da altri Paesi e che "fino a ieri vivevano qui tra noi". Fatima, ha spiegato il magistrato, "ha approfondito le sue conoscenze" e mentre ne parlava ai suoi familiari attraverso Skype "aveva accanto un addetto della polizia religiosa dell’Isis". Le intercettazioni sono scioccanti: "Non avrete, probabilmente, altri casi come questo in cui si è riusciti a sentire le voci dallo Stato islamico, sia dei foreign fighter che dei coordinatori dell’organizzazione terroristica", ha detto il pm Romanelli rivolgendosi alla Corte d’Assise. "Per loro il Califfato è lo Stato perfetto, perché si e' sempre in azione e si tagliano le teste: decapitano i ladri, i miscredenti e le spie in nome di Allah".

MORTE DA MARTIRI
Con questa indagine condotta dalla Digos, che ha già portato a quattro condanne con rito abbreviato, "per la prima volta in Italia si è riusciti a ricostruire dall’interno le attività dell’Isis, la più importante al mondo". E, tra il dicembre del 2014 e il gennaio del 2015, intercettando l’utenza di un "emiro" coordinatore per l’arrivo dei combattenti in Siria, "abbiamo scattato una fotografia dell’Isis nel momento della sua massima espansione". Dalle conversazione intercettate spicca il ruolo di Fatima, "che già in Siria non vedeva l’ora che il Califfo facesse combattere anche le donne e insegnava che il vero musulmano che non può raggiungere lo Stato islamico deve compiere la jhiad nel territorio in cui si trova". Una missione nella quale ha coinvolto i genitori e la sorella, indottrinandoli nella villetta di Inzago: "Venite qui e morirete da martiri", li esortava. Il padre si e' difeso in aula: "Non volevo fare la guerra, volevo stare con mia figlia, non sapevo queste cose. Non ero contento di partire, ma le mie figlie mi hanno forzato ad andare con loro». Secondo l'accusa, invece, "e' stato lui ad organizzare la partenza della moglie e di Marianna in Siria".

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