Il monumento a Rodolfo Graziani è un «affronto alla democrazia»: depositata la sentenza di condanna del sindaco di Affile

Il monumento a Rodolfo Graziani è un «affronto alla democrazia»: depositata la sentenza di condanna del sindaco di Affile
di Franca Giansoldati
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Mercoledì 7 Febbraio 2018, 16:37 - Ultimo aggiornamento: 9 Febbraio, 00:13
Il sacrario al gerarca Rodolfo Graziani e costato al sindaco di Affile, Ercole Viri e all’assessore, Giampiero Peperoni una condanna di 8 mesi per apologia di fascismo, è un affronto diretto alla democrazia del nostro Paese. Lo scrive chiaro e tondo il giudice, Marianna Valvo nella sentenza depositata il 30 gennaio scorso al Tribunale di Tivoli. Il sindaco e l’assessore sono stati puniti per avere rievocato Graziani «in una ottica di celebrazione del personaggio e di quello che ha rappresentato, nel significato delineato dalla Corte Costituzionale e dalla Cassazione, in termini tali da poter condurre alla riorganizzazione del disciolto partito fascista».

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A peggiorare il quadro complessivo, secondo il giudice, è il fatto che la decisione di intitolare un mausoleo ad un esponente del fascismo, considerato un criminale di guerra dall’Onu, sia arrivata dalla «Giunta di un comune, organo rappresentativo della collettività locale: questo conferisce maggiore valenza celebrativa all’azione, amplificando il rischio di un apprezzamento condiviso e, in quanto tale, emulativo» del personaggio.
Non solo. La collocazione del monumento, in uno spazio pubblico molto frequentato, contribuisce a «rendere concreto e sempre attuale il pericolo che la rievocazione costante di Graziani, celebrato qual rappresentante della ideologia fascista, possa fare riemergere valori antidemocratici propri del regime». Ne consegue, scrive ancora il giudice che il memoriale rappresenta un concreto antecedente «causale idoneo a provocare adesioni e consensi e a concorrere alla diffusione di idee favorevoli alla ricostituzione di organizzazioni fasciste».

Nel novembre scorso il sindaco Viri, quando era stata letta la sentenza, aveva commentato: «Contro di me c’è una sentenza politica ma il monumento resta lì, continueremo a farci le feste. Il gerarca un criminale di guerra? È stato un grande condottiero». Per il sindaco  Graziani resta «il più illustre dei cittadini di Affile», dimenticando però che il maresciallo fu responsabile, durante l’occupazione fascista del Corno d’Africa, di eccidi e massacri enormi. Per esempio  la strage nel monastero copto di Debra Libanos, dove fece sterminare chiunque si trovasse in loco. Monaci, pellegrini e giovani seminaristi  furono massacrati a colpi di mitragliatrice. I morti furono duemila. Le vittime, portate a gruppi di venti-trenta sull’orlo di un dirupo venivano incappucciate e fatte inginocchiare l’una accanto all’altra. Graziani nel 1936 fu responsabile anche della carneficina di Amba Aradam, l’altopiano teatro di una cruenta battaglia che lasciò a terra circa 20 mila etiopi. In quelle operazioni non esitò a usare il gas iprite e ricorrere alle armi chimiche per sterminare anche gli 800 civili, donne e bambini, che si erano rifugiati dentro le caverne sull’altipiano.

Nonostante Rodolfo Graziani figuri nell’elenco dei criminali di guerra dell’Onu stilato nell'immediato dopoguerra, una Norimberga italiana non vi fu mai in Italia per motivi legati alla realpolitik post-bellica. L’avvocato dell’Anpi di Carrara e Pisa, Francesco Mandarano ricorda l’elenco dei crimini di guerra di Graziani. Il Comune di Affile ha costruito il monumento cinque anni fa con un finanziamento della Regione Lazio di 150 mila euro. Fu la giunta Marrazzo a stanziarli anche se poi il successore, Nicola Zingaretti revocò l'atto. La notizia fece il giro del mondo e il New York Times si chiese come mai l’Italia volesse onorare un macellaio simile. Come se in Germania, a Monaco, si facesse un monumento alla memoria di Goebbels o Goering.
 
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