Fair play, encomio Uefa ai tifosi olandesi che hanno devastato piazza di Spagna

di Piero Mei
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Venerdì 8 Maggio 2015, 23:19 - Ultimo aggiornamento: 9 Maggio, 00:10
È ufficiale: fair play nel calcio d’Europa è danneggiare un’opera d’arte. Non staremo a dire che il calcio è spesso una tavola apparecchiata, come ha più o meno detto De Laurentiis all’indirizzo di Platini, pur se «a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si indovina» e chissà che il presidente del Napoli non sia proprio un Frate Indovino.



Per intanto il Napoli dovrà difendersi dall’immediata inchiesta rappresaglia su fuochi d’artificio, disorganizzazione e tricche e ballacche. Né si può sostenere che l’Italia sia la patria del fair play, specie ricordando l’ultima bomba carta lanciata dai tifosi bianconeri all’indirizzo di quelli del Toro, pure se c’è chi lo interpreta come un gesto di scarso impatto, visto che la squalifica generalizzata (che è sempre un’ingiustizia e dunque anche in questo caso) alla curva del cuore bianconero è appena stata sospesa.







E neppure possiamo pretendere che il potere calciosportivo d’Italia, azzoppato dopo le estemporanee uscite del presidente federale Tavecchio, per non parlare del resto, sia ascoltato, pur se alzasse la voce, nei consessi che decidono. Ma l’ultimo annuncio dell’Uefa, della quale è presidente Platini, copre di ridicolo il governo europeo del calcio. Perché i premiati per il fair play, con un posto in più nella prossima Europa League, sono l’Olanda, l’Inghilterra e l’Irlanda.



Non sembri un voto di scambio di Parigi verso i coronati membri del Comitato Internazionale Olimpico, quali, per dire, Anna d’Inghilterra o Guglielmo d’Olanda, che prima o poi saranno chiamati a decidere fra Roma e Parigi per le Olimpiadi del 2024: certi giochi sono più sottili dei Giochi stessi, e gli argomenti di convinzione sono altri. Piuttosto si tratta di una arrogante stupidaggine: perché il fair play è fatto sì di rispetto verso gli arbitri (si chiederebbe anche il viceversa: il rispetto degli arbitri per il calcio e i calciatori) e verso gli avversari, ma anche del comportamento dei supporters viaggianti.



Ora sta di fatto che gli hooligans, sotto torchio in Gran Bretagna, solitamente sfogano il proprio io belluino quando vanno in trasferta; e che dire degli olandesi? Abbiamo ancora sott’occhio quando vennero a Roma e si dilettarono di trattare a modo loro la Barcaccia di piazza di Spagna, la fontana del Bernini, forse del tutto ignari di chi fosse Bernini e dell’importanza della cultura, sarà perché non ne hanno né personale né, spesso, nelle loro piazze. Ecco, questi gentiluomini della trasferta sono i premiati da Platini e compagni.



Si consiglia di pilotare il sorteggio, come talvolta è avvenuto e forse avviene ancora, in modo da indirizzare quei buontemponi verso luoghi che non siano la casa dell’arte o della cultura che è casa nostra. La testimonianza del loro fair play è già stata sufficiente l’ultima volta. Ma si sa che in zona Uefa il fair play è un concetto assolutamente soggettivo, anche quando riguarda le finanze e i bilanci: un occhio si può sempre chiudere.



«Avere in squadra Platini - disse una volta Gianni Agnelli - è come avere sempre disponibile in campo una credit card». Se ne conosci il pin non è male: il pin è la parola “Potere”. Ed allora vai con l’ultima trovata: la multa congelata all’Inter (alla prima che mi fai...), la multa rateizzata alla Roma, le rose da restringere nella prima stagione europea frequentata (la prossima giallorossa), il patteggiamento.



Magari lo sceicco di una squadra francese trova uno sponsor fraterno o satellitare che copre tutto e il fair play finanziario è solo l’ennesima ipocrita fiction che consente ai manovratori di manovrare come si faceva un tempo con le plusvalenze fra amici.
Perché il rigore, anche fuori dal campo, si può fischiare o no. Pare la Troika: il debitore accetta e sottolinea che è colpa di chi c’era prima. Sempre si pensa a chi c’era prima e raramente a quel che verrà poi.