Tiziano Renzi: «Chi sbaglia paghi». Orlando: «Caso inquietante»

Tiziano Renzi: «Chi sbaglia paghi». Orlando: «Caso inquietante»
di Mario Ajelo
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Mercoledì 12 Aprile 2017, 07:52
dal nostro inviato
RIGNANO SULL'ARNO Non fa che ripetere Tiziano Renzi, agli amici del paese, almeno a quelli che non hanno dubitato di lui quando sembrava che fosse spacciato per la vicenda Consip: «Non dovevo essere un mostro? Ebbene, non lo sono più». E aggiunge: «Chi ha sbagliato paghi». Sembrava aver perduto il suo spirito babbo Renzi, nelle fasi più dire dell'inchiesta, e adesso lo ha in parte ritrovato. Il pianto di gioia l'altra sera, quando il figlio Matteo gli ha dato la buona notizia sull'intercettazione manipolata, e ora un sollievo che gli fa ricordare un'altra vicenda giudiziaria che lo ha riguardato. Quella della sua azienda, la Chili Post. «Anche allora sembrava che fossi un diavolo, e invece poi....». Ne uscì pulito. Andrà così anche questa volta?
«Ho fatto bene a fidarmi dei magistrati e a pregare», ha raccontato a qualche amico: «La verità ha i suoi tempi, poi però viene fuori, e dà ragione agli onesti». E ancora: «La mia fede religiosa non ha vacillato neanche un attimo. Ma questa vicenda è stata durissima e non è finita purtroppo». Continua però, per lui, con un punto a favore. Senza la «bettola romana», secondo il napoletano Mazzei, uno dei suoi accusatori, in cui avrebbe pasteggiato con Alfredo Romeo. E la mancanza di quell'incontro e dell'approccio con l'imprenditore amico di tutti fa vacillare tutto.

MATTINA IN TRIBUNALE
Il caso vuole che Tiziano, nel giorno del sollievo, sia al mattino a Firenze in tribunale, per la causa civile per diffamazione mossa a Marco Travaglio per i suoi articoli riguardanti la vecchia vicenda Chili Post. Svicola l'assedio dei giornalisti all'uscita dal palazzo di giustizia. Ma poi nel corso dell'assemblea del Pd di Rignano (Firenze), si esprime sulla vicenda Consip: «Chi ha sbagliato deve pagare». Aggiungendo che, secondo quanto trapelato dalla riunione chiusa a giornalisti e telecamere, sarebbe «un errore» considerare l'intera vicenda come «un fatto personale».

A Firenze c'è anche Matteo Renzi. Reduce dalla cena del sollievo - almeno momentaneo - con il babbo e con i figli che hanno salutato il nonno. Anche lui, tra un sorriso e l'altro, non riesce a nascondere, e non vuole, la soddisfazione per una morsa che continua ad agire ma a loro e non solo a loro sembra inceppata. Tanto è vero che Orlando, sfidante dell'ex segretario alle primarie e soprattutto Guardasigilli, parla di «vicenda inquietante» a proposito della falsa trascrizione.

GUARDIA ALTA
I renziani stanno nel mood della guardia alta, ovvero sanno che la partita politico-mediatico-giudiziaria è tutt'altro che conclusa. Ma vogliono sapere chi c'è dietro alla manipolazione del capitano dei carabinieri. Forse un complotto dei servizi? O che cosa? «In un Paese normale - ecco il sentimento dalla parti di Matteo - questa vicenda gravissima scatenerebbe uno scandalo. Qui, no. E già questo è inquietante». E ancora: «Ma come fanno i pm di Napoli a utilizzare ancora il capitano Scafarto? Strano che la procura di Napoli non si sia accorta della manipolazione della telefonata che invece la Procura di Roma ha subito capito e riportato alla verità». Ma guai ad alzare troppo il tiro con i magistrati. Anche se l'umore questo è, almeno riguardo al pm Woodcock. Tiziano, intanto, se potesse andrebbe giù duro. Ma l'avvocato Federico Bagattini gli consiglia prudenza. Evitare scivolate mediatiche è anche il suggerimento che il figlio Matteo probabilmente ha dato al babbo nella cena dell'altra sera a Rignano.

In questo paesino, come in tanti altri borghi, «un po' per invidia e un po' per parlare - dice il pasticciere del bar Feroci, sulla piazza - cominciavano a serpeggiare dubbi: e se il Tiziano avesse fatto qualcosa? Non ha fatto niente, e molti dovranno chiedergli scusa».
Proprio ieri sera tardi, qui accanto al bar, nel circolo del Pd su cui sono affissi i risultati congressuali (124 votanti, Emiliano 0,0 voti, Orlando 5,88, Renzi 94,12), si è tenuta l'assemblea cittadina. È arrivato Tiziano Renzi tra gli applausi: «Capitano queste cose in Italia ma io non temo niente. Intanto preoccupiamoci di risolvere la questione Rignano e di far vincere il Pd». È presidente dimissionario, dopo lo tsunami Consip. E uno dei big del partito, suo amico fin dall'infanzia e molto influente, Graziano Capanni, racconta: «Dopo questa mezza assoluzione, e poi seguirà quella vera, Tiziano deve rinunciare all'auto-sospensione da presidente dem di Rignano. Glielo vogliamo chiedere tutti».