Caso De Luca, quel verdetto resta valido: la parola torna alla Consulta

Caso De Luca, quel verdetto resta valido: la parola torna alla Consulta
di Silvia Barocci
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Sabato 21 Novembre 2015, 10:35 - Ultimo aggiornamento: 11 Novembre, 08:45
Candidato a governatore della Campania con la spada di Damocle della legge Severino, Vincenzo De Luca, oggi più di ieri, continua ad essere una spina nel fianco del governo Renzi. Perché al tira e molla sulla necessità di cambiare le norme anticorruzione del governo Monti sulla sospensione degli amministratori locali condannati in primo grado, ora si aggiunge il "pasticcio" di una sentenza, quella del 17 luglio scorso della I sezione del tribunale civile di Napoli, che ha rimesso in sella De Luca ma ora è sospettata di essere il frutto di un accordo corruttivo.



La prima domanda da porsi è: sapeva Anna Scognamiglio, giudice relatore di quelle 26 pagine, che suo marito, Guglielmo Manna, ”barattava” il ruolo della moglie all'interno del collegio per ottenere dall'entourage di De Luca un incarico di rilievo nel settore della sanità campana? La procura di Roma, guidata da Giuseppe Pignatone, sembrerebbe propendere per questa ipotesi visto che i reati contestati al magistrato, al marito e ad altre cinque persone, incluso De Luca, sono - a vario titolo - di corruzione, concussione per induzione e rivelazione del segreto di ufficio. Molto dipenderà da quello che il nucleo reati contro la pubblica amministrazione della squadra mobile di Napoli ha trovato nel corso delle perquisizioni di questi giorni a casa e in ufficio degli indagati, inclusa la Scognamiglio.



IL NODO POLITICO

Ma, al di là delle contestazioni mosse, la notizia di De Luca indagato, assieme ad uno dei giudici del collegio che ha «sospeso la sospensione» della sua elezione e che ha inviato gli atti alla Corte Costituzionale, apre un fronte politico per Renzi dalle conseguenze imprevedibili. Il governatore sarà costretto a fare un passo indietro o lo farà autonomamente?



Il secondo nodo da sciogliere sarà quello degli effetti di questa inchiesta penale su una decisione presa all'unanimità dal collegio dei tre giudici presieduti da Umberto Antico.



QUESTIONE GIURIDICA

Le 26 pagine della sentenza hanno ancora valore? La Corte Costituzionale - che già alla fine di ottobre aveva promosso la legge Severino in relazione al caso di Luigi De Magistris - potrà nuovamente pronunciarsi su quelle norme datate 2012 che hanno determinato, nell'ordine, la decadenza di Silvio Berlusconi da parlamentare, la sospensione del sindaco di Napoli e quella del governatore della Campania? I giuristi ritengono di sì. Perché è vero che la giudice è sospettata di aver commesso un atto contrario ai doveri di ufficio, ma in ogni caso mancherebbe la prova che la sentenza sia stata motivata in maniera non corretta o erronea. E questa è una prova essenziale, stando alla giurisprudenza della Cassazione.



Al tribunale civile di Napoli i colleghi della giudice che hanno appreso delle perquisizioni sono rimasti increduli, ritenendo la collega «una persona seria». E ciò su cui un po' tutti concordano è che la questione sollevata da quel collegio davanti alla Corte Costituzionale non possa venire meno a seguito di questa inchiesta penale. «Si tratta di una pronuncia interlocutoria - fanno notare - già adottata da altri collegi, come è stato per il caso De Magistris».



LA CONSULTA

E' vero, il destino del sindaco di Napoli e quello del governatore della Campania si sono incrociati fino al mese scorso dal punto di vista giudiziario. Ora, però, le strade si dividono. Con un imprevisto non di poco conto.



Solo poche settimane fa D Magistris ha visto rigettare il ricorso del Tar della Campania che alla Corte Costituzionale chiedeva la bocciatura della legge Severino per violazione del principio della irretroattività delle norme penali. Ma ha potuto lo stesso mantenere la fascia tricolore di sindaco perché in appello il Tribunale di Roma lo ha assolto con formula piena nel processo Why not, così annullano la condanna di primo grado a un anno e tre mesi per abuso di ufficio.



Il ”simul stabunt simul cadent” ha sempre preoccupato, e molto, De Luca. Che, però, confidava in nuovo ricorso alla Consulta, non ancora calendarizzato. E' il ricorso firmato dal giudice Scognamiglio. Ma ora tutto, inevitabilmente, si complica.



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