Trasferito De Falco, le due verità sull'anti-Schettino

di Paolo Graldi
4 Minuti di Lettura
Giovedì 25 Settembre 2014, 23:47 - Ultimo aggiornamento: 27 Settembre, 07:44


Dall’encomio solenne alla scrivania fantasma, dalla sala di comando ai faldoni di scartoffie. Nel gran libro dei paradossi italiani s’iscrive oggi di diritto la vicenda del comandante di fregata Gregorio De Falco, l’ufficiale divenuto celebre in tutto il mondo per quell’ordine perentorio al riottoso e tremante capitan Schettino («Vada a bordo, cazzo!»), mentre la Costa Concordia s’immergeva nelle gelide acque dell’isola del Giglio.



Ben 2500 passeggeri a bordo, abbandonati al loro destino, da turisti a naufraghi, per finire con 32 morti. Per una bravata irresponsabile, l’inchino all’isola, sottocosta. Tutto di quel naufragio, nel male e nel bene, continua a stupire e deflagrare, a riprodurre all’infinito code velenose, quasi si trattasse di una maledizione invincibile. Ed eccoci allo “strappo” di De Falco, una “rimozione” almeno all’apparenza inspiegabile. Per “meriti” ancora da precisare ma che puzzano d’invidia, forse incompatibilità ambientale e ruggine con un superiore, l’ufficiale è passato dall’encomio solenne per come guidò i soccorsi la notte del naufragio del Costa Concordia (la notte del 13 gennaio 2012) alla scrivania di un anonimo ufficio amministrativo, sempre alla Capitaneria di Livorno.



Schivo, riservato, attento a non infilare la rischiosa luce dei riflettori mediatici De Falco si dice, alzando le difese della sua immagine, «molto amareggiato, molto turbato». E lancia una parola densa di significati: «mobbing». Sono un militare, dice, dunque obbedisco, non è la promozione che m’interessa ma il senso di un impegno di tanti anni, onorato sul fronte operativo diretto, il più delicato e difficile. E lascia perfino intendere che mediterà sul suo futuro: ancora nella Marina Militare? Dall’altra parte, a controcanto, c’è la voce asettica del Comando generale delle capitanerie di porto, che racconta solo di un ”normale avvicendamento, un cambio di ruolo per consentire ad altri di fare le sue esperienze e, a lui, di aspirare ad un avanzamento di carriera”.



È utile riascoltare quella concitassima telefonata tra il comandante De Falco e capitan Schettino, che già si era messo in salvo con l’amante moldava su una scialuppa provvidenziale, chiamata a soccorrerlo mentre dalla nave la maggior parte della gente cercare una via di scampo scalando la fiancata, ormai paurosamente inclinata.

È utile perché nella concitazione di quegli attimi pare che da Livorno De Falco veda chiaramente il dramma che Schettino ha davanti agli occhi e nega, pigolando, di un guasto inesistente, di un black out in riparazione. Una menzogna vergognosa e colpevole. De Falco gli ordina di tornare a bordo, di risalire la “biscaggina” – la scala di corda- e guidare i passeggeri in salvo. Primo dovere del comandante. Niente da fare, in salvo Schettino c’era già e la furibonda esortazione dell’ufficiale dalla Capitaneria è rimasta inascoltata.



Temperamento asciutto, con una fortissima assunzione di responsabilità e una visione lucida degli accadimenti in un contesto che già sapeva di tragedia: «Ci sono morti in mare. Vada e mi riferisca…». Adesso l’ufficiale riflette e si chiede semmai se vi sia un nesso tra i fatti di quella notte, la successiva collaborazione alle indagini sul disastro, l’inevitabile ruolo dei giornali e delle tv e il repentino cambio di rotta nella sua carriera. Ed è tentato di rispondere: sì, quel nesso c’è. Forse, azzarda, l’ involontaria esposizione mediatica, l’imponente diffusione planetaria di quel colloquio, sono il non detto di questa vicenda. Certo, la silhouette professionale dei due comandanti produce paragoni imbarazzanti: l’uno “turbato e amareggiato” ma “agli ordini” l’altro volteggiante tra feste in bianco a Ischia tra dame osannanti e selfie che fissano gli attimi indimenticabili del party con il comandante sempre abbronzato, sempre sorridente, sempre fuori misura, per arrivare alla mini lectio magistralis inscenata da un docente della Sapienza, Vincenzo Mastronardi, sotto inchiesta disciplinare, che ha invitato capitan Schettino, a parlare di gestione del panico, “Dalla scena del crimine al profiling”.



A proposito, ci sarà anche un libro di memorie! Adesso la politica (che s’era fatta avanti con profferte di un seggio a Montecitorio, rifiutato) s’infila nel “trasferimento d’ufficio” e le code polemiche sono assicurate: si scoprirà quel che si sa già. Che in tutti i porti del mondo (meglio, in tutti i posti del mondo) scorrono acidi asfissianti e i migliori hanno spesso la sola colpa di esserlo e magari di pagare salata quella “eterogenesi dei sì”, come ricorda De Falco: «Camminiamo nella stessa direzione, ma ciascuno ha finalità differenti». Un «normale avvicendamento»? O altro naufragio? Un nuovo dubbio che la brutta storia del Costa Concordia non meritava.