Curò il tumore con le erbe, condannata a 2 anni dottoressa seguace del metodo Hamer

Curò il tumore con le erbe, condannata a 2 anni dottoressa seguace del metodo Hamer
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Martedì 4 Aprile 2017, 13:19 - Ultimo aggiornamento: 5 Aprile, 10:06
«Ciao Germana, ti mando un aggiornamento: il neo non migliora. È ancora più gonfio, sanguina, ha un cattivo odore, mi fa male ed è sempre più brutto». Marina, morta nel 2014, scriveva così al suo medico di base, la dottoressa Germana Durando. «Cosa stai prendendo come rimedio omeopatico? Ci vediamo presto intanto tu lavora sul perdono e cerca di incontrare il tuo ex», le aveva risposto il medico, che oggi è stata condannata in primo grado dal tribunale di Torino a due anni e mezzo per omicidio colposo. La giovane donna aveva un neo sulla spalla sinistra rivelatosi in seguito un melanoma maligno.

Gli specialisti sentiti durante il processo a Torino hanno definito «ciarlataneria» le controversie teorie del tedesco Rike Geerd Hamer, di cui Germana Durando era seguace e che alcuni dottori in Italia stanno tuttora applicando. Quasi sempre, dicono i dati dell'Ordine dei medici, le 'cure' non sortiscono alcun effetto e, anzi, a volte peggiorano la malattia o comunque non la bloccano, fino a portare alla morte del paziente.

L'Ordine dei medici di Torino, che ha avviato una indagine interna contro la dottoressa, ha scoperto che in passato era stato intentato un altro procedimento giudiziario nei suoi confronti per la morte di una bimba di 14 mesi affetta da meningite e curata con lo stesso metodo. L'Ordine ha anche scoperto che negli ultimi anni altri due pazienti, in cura da altri medici, sono morti dopo avere aderito al metodo di cura hameriano, che consiste nel prescrivere goccine omeopatiche, in pratica acqua, e sul superamento del trauma psicologico.

Secondo l'accusa, la Durando sarebbe la responsabile del decesso, nel 2014, della donna affetta da cancro. «La paziente non rifiutava la medicina tradizionale, ma tutto ciò che non le diceva la sua dottoressa.
E la Durando l'ha convinta a non curarsi, che la sua malattia era una lotta con sé stessa». La pm aveva chiesto al giudice «una sentenza esemplare», che mostri che «chi cura i malati con teorie strampalate e ne causa la morte, risponde di omicidio».
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