Caso Cucchi, il procuratore Pignatone: «Procura pronta a riaprire il caso»

Caso Cucchi, il procuratore Pignatone: «Procura pronta a riaprire il caso»
di Cristiana Mangani
5 Minuti di Lettura
Lunedì 3 Novembre 2014, 07:40 - Ultimo aggiornamento: 4 Novembre, 08:34

ROMA - È il procuratore capo Giuseppe Pignatone a fare il primo passo avanti: «Se emergeranno fatti nuovi - dice - o comunque l’opportunità di nuovi accertamenti, la Procura di Roma sarà sempre disponibile, come in altri casi, più o meno noti, a riaprire le indagini.

Non è accettabile, dal punto di vista sociale e civile prima ancora che giuridico, che una persona muoia, non per cause naturali, mentre è affidata alla responsabilità degli organi dello Stato».

Un forte presa di posizione quella del capo dei pm romani.

Quando l’inchiesta per la morte di Cucchi è stata avviata, Pignatone non era ancora a piazzale Clodio, e adesso le sue dichiarazioni confermano l’amarezza per un verdetto che comunque sembra fare acqua da tutte le parti. Nessuna chiusura, nessun pregiudizio, dunque, tanto che oggi pomeriggio, al rientro da Palermo dove si trova, Pignatone incontrerà i familiari di Stefano e il difensore Fabio Anselmo. «Se dalle loro prospettazioni e dalla lettura della sentenza di appello emergeranno fatti nuovi o l’opportunità - chiarisce - saremo disponibili a cercare nuove prove nel rispetto, ovviamente, delle regole dettate dalla legge».

Il legale della famiglia Cucchi, Fabio Anselmo, definisce una «buona notizia» la possibilità che la procura di Roma apra nuove indagini sulla morte di Stefano Cucchi, ma sottolinea che l'eventuale «inchiesta bis» potrebbe portare i suoi frutti solo cambiando «finalmente il capo di imputazione e cioè a contestare l'omicidio preterintenzionale, a considerare la morte come conseguente alle lesioni». «Chi dovrà trovare nuovi elementi, forse noi? - si domanda Anselmo durante un'intervista a Radio Popolare Roma - Se si aprisse un'inchiesta bis, noi siamo a disposizione se potrà fare più chiarezza, forse il Procuratore ne sa più di me, ma non capisco quali meccanismi pensi di attivare. Da parte mia però ricordo che c'è già un processo in corso, con un terzo grado ancora da effettuare e che fra due anni e mezzo scatterà la prescrizione per tutti gli attuali capi di imputazione». «Tanto più che risulta ancora imbarazzante parlare di lesioni dolose lievi in presenza delle fotografie, quelle che sta mostrando Ilaria Cucchi, le stesse che ho portato al processo, che documentano una diversa realtà - conclude - Tutto in questo processo non ha funzionato fin dall'inizio e la vicenda delle perizie è grottesca. La vicenda e il processo per la morte di Stefano sono divenuti simbolo di ordinaria ingiustizia».

IL PESTAGGIO

Sarà certamente Ilaria a varcare per l’ennesima volta la soglia del palazzo di giustizia in cerca di verità e rispetto per la morte del fratello. Lei che, fino a ieri, ha continuato a mettere sotto accusa la procura per indagini giudicate poco incisive, lacunose, mancanti. Soprattutto per quel pestaggio che ancora non porta una firma ma che - lo hanno riconosciuto giudici e periti - è stata la causa principale della morte del geometra. Pignatone dice poche parole ma pesantissime. E si dichiara disponibile ad aprire nuove indagini. Una disponibilità che piace a Ilaria e che incassa con soddisfazione. «Prendiamo atto - replica - di questa importante decisione del procuratore capo e rimaniamo in attesa di verità come abbiamo sempre fatto in questi cinque anni». L’idea che Cucchi, affidato a organi dello Stato, abbia perso la vita senza una ragione ancora chiara, fa dire al sottosegretario alla giustizia Cosimo Ferri che «è giusto e corretto chiedere la riapertura della indagini. La verità va ricercata sempre e fino alla fine».

E sembrano ancora tante le domande in attesa di risposte. Stefano è stato arrestato dai carabinieri la notte del 15 ottobre 2009, ed è rimasto nella loro custodia in caserma per una notte. Il giorno dopo è comparso davanti al giudice, in Tribunale, per l'udienza di convalida. Poi è stato preso in consegna dagli agenti della polizia penitenziaria, portato in carcere a Regina Coeli e alla fine nella struttura protetta del Sandro Pertini affidato a medici e infermieri. Strutture e organi dello Stato, come sottolinea il procuratore, che dovevano sorvegliare e curare un detenuto in condizioni di salute particolari.

LA SENTENZA

Pignatone, pur sottolineando che le «sentenze meritano tutte rispetto», evidenzia come i verdetti di primo e secondo grado siano contrastanti «e in tutto o in parte condivisibili». Contrastanti perché in primo grado i sei medici sono stati condannati, e sono stati assolti gli infermieri e gli agenti penitenziari. Mentre venerdì scorso la Corte d'Appello ha ribaltato il verdetto, chiudendo la querelle con un nulla di fatto. Come dire: tutti a casa, non è successo niente, perché le prove non ci sono. Ed è proprio a questa assenza di prove che il procuratore non crede. La tesi di una indagine lacunosa viene respinta da piazzale Clodio, anche se non si chiude la porta all’eventualità di altri accertamenti e nuove indagini.

Ilaria Cucchi incontrerà Pignatone e gli porterà quelli che ritiene «fatti nuovi». Un aiuto alla rilettura della vicenda potrebbe venire dalle motivazioni della sentenza: piazzale Clodio potrebbe ritenere insoddisfacenti le ragioni dell’assoluzione. Dodici imputati tutti assolti suonano strano a chiunque abbia avuto a che fare con questa vicenda. Perché Stefano è morto ma non per cause naturali.

© RIPRODUZIONE RISERVATA