Concordia, un ufficiale intercettato: «L'inchino era routine, ogni volta era più vicino alla costa»

Concordia, un ufficiale intercettato: «L'inchino era routine, ogni volta era più vicino alla costa»
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Martedì 19 Novembre 2013, 12:03 - Ultimo aggiornamento: 20 Novembre, 11:58
Il comandante Schettino volle rimanere da solo sullo scoglio. Era l solo. Pensavo che si potesse suicidare. Lo racconta il comandante in seconda della Costa Concordia Dimitrios Christidis testimoniando stamani al processo di Grosseto sul naufragio.



Christidis raggiunse Schettino sullo scoglio dopo che era arrivato a terra con una zattera di salvataggio con una quarantina di naufraghi. «A una certa distanza - ha raccontato il testimone in aula - c'era il comandante Schettino. Era al telefono e guardava la nave. Mi sono avvicinato a lui e gli ho parlato. Gli ho detto di portare via i passeggeri perchè non stessero all'addiaccio, era freddo. Ma Schettino mi rispose: 'io devo stare qua per organizzare il soccorsò. E allora - continua il teste - io gli dissi: qua non possiamo organizzare niente, siamo su uno scoglio».



In realtà, ha raccontato ancora il comandante in seconda Christidis «lui voleva rimanere lì da solo sullo scoglio. E allora pensai che si potesse suicidare. Rimanemmo su quello scoglio per una mezz'ora circa».



L'ordine che non arrivò. «La situazione era grave, non si sentivano ordini. Mi sarei aspettato l'ordine di emergenza generale, o quello di abbandono nave. Mi aspettavo ordini più incisivi», mentre «ho sentito che chiamavano il tango india (soccorso a infortunati, ndr) e che chiamavano il segnale di falla il Delta-x-ray, sono due fischi, mentre scendevo giù in macchina».




Pronta la replica di Schettino. «Io sullo scoglio? Ero al telefono con De Falco»: così in una pausa del processo il comandante Francesco Schettino ha risposto ai cronisti che gli chiedevano cosa facesse sullo scoglio della Gabbianara dov'era approdato durante il naufragio della Costa Concordia. De Falco è l'ufficiale della capitaneria di porto di Livorno che ebbe con Schettino la telefonata con la frase «Vada a bordo, c...».



Gli inchini sempre più vicini. «L'inchino l'abbiamo sempre fatto, solo che le ultime volte lo facevamo

sempre più vicino, sempre più vicino, e poi lui ha fatto uno svarione», il secondo ufficiale di macchina Alberto Fiorito, in una telefonata con la madre intercettata dagli investigatori pochi giorni dopo il naufragio del Giglio il 13 gennaio 2012. La telefonata, dai toni coloriti, è stata fatta sentire dal pm Maria Navarro durante la testimonianza resa dallo

stesso Fiorito oggi pomeriggio al processo di Grosseto.

La madre di Fiorito chiede al figlio come sia potuto accadere l'incidente e perché sia stato fatto l'inchino.

«L'abbiamo sempre fatto, le ultime volte sempre più vicino, poi ha fatto uno svarione, non si è reso conto ed è caduto nel fango», rispose Fiorito al telefono coi genitori che volevano sapere. «Mariiiiia», esclamò la madre sempre al telefono: «Me lo avevi sempre detto del comandante...».



La routine al Giglio. A una domanda del pm Maria Navarro, relativa a questa conversazione, Fiorito ha

precisato che «sempre più vicino» significa che Schettino si avvicinava con la nave negli «ultimi tre passaggi al Giglio considerando che si tratta di una tappa di una crociera settimanale» nel Mediterraneo. E ancora Fiorito in aula: «Non c'erano comunicazioni ufficiali, c'era questa routine, per telefono ci avvisavano in macchina di questi passaggi».

Poi, a una domanda delle parti civili Fiorito ha precisato che lui si rendeva conto del passaggio al Giglio, pur stando nella sezione macchina, che è sotto la linea di galleggiamento della nave, perchè «più basso è il fondale, più la nave vibra. Lo so da questo, perché la nave sobbalza se il fondale è basso, vibra tutto». Quando ha parlato del momento dell'urto, Fiorito ha detto di aver sentito che «le lamiere della nave si accartocciavano».



Schettino in aula. Anche stamani Francesco Schettino assiste in aula, al Teatro Moderno di Grosseto, al processo: è la dodicesima udienza e finora non è mai stato assente.

Il suo avvocato Patrizio Le Piane, prima dell'udienza odierna, ha commentato quanto emerso nel processo finora, in riferimento ai tempi del naufragio ricostruiti nel processo con le testimonianze delle ultime udienze. «Dopo 45 minuti dall'impatto la situazione ancora non era chiara. La gente deve capire con chi ha a che fare. Schettino è una brava persona - ha detto l'avvocato. Secondo il legale «di fatto in plancia dopo 45 minuti non si sapeva quanti compartimenti fossero allagati». «L'accusa - ha detto Donato Laino, altro legale del pool - ha parlato di criminale ritardo per nove volte. E invece è stato dimostrato che c'era una confusione pazzesca».
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