Coppia dell'acido, adottabile il bimbo di Martina Levato e Alexander Boettcher

Coppia dell'acido, adottabile il bimbo di Martina Levato e Alexander Boettcher
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Venerdì 19 Gennaio 2018, 13:53 - Ultimo aggiornamento: 20 Gennaio, 16:29

La Cassazione ha confermato l'adottabilità del bambino nato dalla relazione tra Martina Levato e Alexander Boettcher, i due giovani responsabili delle aggressioni all'acido messe a segno a Milano. La Suprema Corte ha respinto anche i ricorsi dei nonni del bambino che si proponevano come adottanti.

Nemmeno i nonni materni «hanno dimostrato una reale presa di coscienza delle atrocità delle condotte della figlia» e valutando il «superiore interesse del minore» va detto che il piccolo non può restare «legato alla famiglia di origine», perché «inevitabilmente sarebbe costretto a confrontarsi con la drammatica storia familiare dei suoi genitori». Lo scrive la Cassazione che ha confermato l'adottabilità del bimbo partorito nel 2015 da Martina Levato,
condannata con Alex Boettcher per i blitz con l'acido. 

Nella sentenza di 13 pagine la prima sezione civile, presieduta da Francesco Tirelli, spiega che è «infondata» la tesi della difesa di Martina Levato che sosteneva «di essere vittima di accanimento nei suoi confronti», anche perché le è stato negato di essere presente nell'udienza di discussione.

La Cassazione valorizza, poi, la «giurisprudenza di questa Corte, nella quale è acquisito il principio secondo cui la
prioritaria esigenza del figlio di vivere nell'ambito della propria famiglia di origine può essere sacrificata in presenza
di pregiudizio grave e non transeunte per un equilibrato e armonioso sviluppo della sua personalità». Principi, secondo i giudici, rispettati dalla sentenza d'appello che ha confermato l'adottabilità e che ha valutato «sia i gravissimi comportamenti delittuosi posti in essere dalla Levato, con in grembo il piccolo» sia «le anomalie del carattere e della personalità della madre (oltre che del padre), sebbene non integranti patologie psichiatriche definite». E lei, così come lui, non può «garantire al bambino uno sviluppo psicofisico sereno ed equilibrato negli anni più delicati per la sua crescita».

La Corte sottolinea anche che i giudici di secondo grado hanno «riconosciuto che è in atto un percorso terapeutico» per Levato «che potrebbe condurla "in futuro" ad una maturazione della propria personalità», ma i tempi «di attesa di questa auspicabile evoluzione non sono compatibili con le pressanti esigenze di un bambino dell'età» del piccolo, dichiarato adottabile. Lo stato detentivo «di lunga durata» di Boettcher e Levato costituisce, poi, una «causa di forza maggiore» che impedisce «un adeguato svolgimento delle funzioni genitoriali». Per i giudici, infine, né la nonna paterna né i nonni materni sono idonei ad occuparsi del bimbo, come accertato già dai «giudici di merito». I genitori di Martina, infatti, segnala la Corte, hanno dimostrato, ad esempio, «una significativa fragilità emotiva di tipo narcisistico».

La Cassazione, nelle motivazioni depositate due giorni fa del verdetto che lo scorso 21 dicembre ha confermato la condanna a 14 anni di reclusione per Boettcher in relazione all'agguato a Pietro Barbini ha stabilito che l'uomo è stato «ideatore» e «compartecipe», e non semplice «spalla», dell'aggressione anche se il lancio materiale del liquido corrosivo lo ha compiuto la Levato. Boettcher e Levato sono in prigione dal 2014 per aver rovinato la vita a tre persone con aggressioni con l'acido, persone che si sono dovute sottoporre a plurimi interventi per le ustioni gravissime provocate.

Quella per il male fatto a Barbini, è la prima condanna definitiva riportata da Boettcher che sulle spalle ha altri 24 anni in grado di appello per gli altri lanci di acidi, mentre la Levato deve scontare 20 anni contro i quali ha anche lei fatto ricorso in Cassazione.

«Va osservato come nessuna incompatibilità logica sia rintracciabile, invero, tra il ruolo svolto dal Boettcher come "ideatore" e come "compartecipe" all'aggressione anche nella veste di agevolatore dell'azione esecutiva posta in essere materialmente dalla Levato», afferma la Cassazione replicando alla tesi difensiva in base alla quale l'imputato sarebbe stato solo una «spalla» della sua ex.

«Il Boettcher, pur essendo il vero "architetto" dell'azione delittuosa, avendo ideato l'esecuzione dell'efferato crimine come (inspiegabile, è il caso di sottolinearlo) momento di espiazione e di purificazione della donna con la quale aveva deciso di condividere la vita, si ritaglia, nella fase esecutiva, un ruolo più defilato - prosegue il verdetto degli ermellini - lasciando che sia la Levato ad aggredire il Barbini attraverso il concordato lancio dell'acido, ma incitando all'azione la donna (che si trovava subito avanti a lui nel momento dell'aggressione) ed inseguendo la vittima con un martello proprio al fine di neutralizzarlo e di evitare che lo stesso potesse chiedere aiuto».

I supremi giudici sottolineano inoltre che «risulta anche certo, in virtù della credibile e non superabile descrizione dei fatti operata da parte del Barbini, che il Boettcher non riuscì a portare alle estreme conseguenze la sua azione delittuosa solo perchè neutralizzato, prima, dal Barbini stesso che, nonostante le conseguenze dell'aggressione, riuscì ad atterrare il Boettcher con una manovra difensiva e, poi, dall'intervento della polizia che lo arrestò». All'agguato a Barbini - che Boettcher voleva 'punirè per purificare la Levato della relazione che aveva avuto con la vittima - era presente anche l'altro complice della coppia, Andrea Magnani.

Farà «ricorso alla Corte Europea dei diritti umani» Martina Levato, la giovane condannata a 20 anni di carcere per le aggressioni con l' acido ideate dall'ormai ex amante Alexander Boettcher, dopo la decisione della Cassazione di confermare l'adottabilità del bimbo da lei partorito il 15 agosto del 2015.

Lo ha spiegato il suo legale, l'avvocato Laura Cossar.

 

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