«Non poteva prevedere tutti quei morti» I perché di uno sconto che fa discutere

«Non poteva prevedere tutti quei morti» I perché di uno sconto che fa discutere
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Giovedì 12 Febbraio 2015, 06:07 - Ultimo aggiornamento: 07:45
dal nostro inviato

Cristiana Mangani

GROSSETO - Ha voluto mettere ordine la Corte di Grosseto con la sua sentenza robusta e dettagliata. Tanto che due cose sono saltate subito agli occhi: Schettino ha sbagliato e deve pagare, ma non è un pericoloso criminale. E poi la Costa ha la sua parte di responsabilità e quindi è stata chiamata in solido con l'ex comandante a risarcire tutte le parti civili. Molti soldi, quasi dieci milioni: dal milione e mezzo destinato al ministero dell'Ambiente, ai 300 mila euro della Regione Toscana e dell'Isola del Giglio, fino ai 30 mila concessi a Domnica Cemortan, passeggera abusiva sulla Concordia, che ne aveva chiesti 200 mila.



LE RICHIESTE RESPINTE

E così, dispositivo alla mano, si capisce il perché non è stata accolta la richiesta dei pm di condannare l'ex comandante a 26 anni di carcere. Una decisione che non va contro la procura, perché l'impianto accusatorio rimane confermato, ma parte da presupposti diversi. A Schettino sono stati contestati i reati di naufragio, omicidio colposo plurimo e lesioni colpose, abbandono della nave e abbandono di incapaci, mancata comunicazione alle autorità marittime. I giudici hanno ritenuto di dover valutare la sua posizione partendo da un minimo edittale, quindi 10 anni per l'omicidio colposo plurimo, al quale non è stata riconosciuta l'aggravante della colpa cosciente. L'imputato, in sintesi, non poteva prevedere che morissero tutte quelle persone. Per il naufragio, invece, è stata riconosciuta l'aggravante. Nel fare l'inchino davanti al Giglio ha corso il rischio che il disastro potesse avvenire. Un anno, poi, gli è stato dato per l'abbandono della nave e per l'abbandono degli incapaci, mentre i pm avevano chiesto tre anni.

Nei confronti dell'ex comandante non ci sarà alcuna misura cautelare. Niente carcere. Perché secondo il collegio giudicante esiste solo «un astratto» possibile pericolo di fuga e non un «concreto» rischio in tal senso.

A favore ha giocato anche «il comportamento» tenuto durante la fase processuale in cui è stato sempre presente, tranne che in un'udienza a causa della febbre e il periodo dell'obbligo di dimora successivo al naufragio. Il tribunale ha rigettato ogni richiesta di misura cautelare, compreso l'eventuale ritiro del passaporto per il divieto di espatrio.



Schettino è stato anche interdetto per 5 anni dalla carica di comandante di nave, per 4 mesi dalla professione di comandante e condannato all'interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Soddisfatta, comunque la procura. «Le prove raccolte erano tali che non poteva andare diversamente e i giudici hanno confermato tutte le accuse - ha dichiarato il procuratore di Grosseto, Francesco Verusio, andato in pensione qualche mese fa, ma presente in aula per la lettura della sentenza - È stata una scelta sbagliata quella di Schettino di voler affrontare il dibattimento. Ora aspettiamo di leggere le motivazioni».

LE REAZIONI



«Siamo totalmente soddisfatti, hanno aggiunto i pm Maria Navarro, Alessandro Leopizzi e Stefano Pizzi - i giudici hanno deciso per un completo accoglimento del nostro impianto accusatorio confermando tutti i reati per l'imputato». Di tutt'altro avviso gli avvocati difensori di Schettino: «Non siamo affatto soddisfatti della sentenza - dice Donato Laino - leggeremo la sentenza e poi faremo ricorso. Ci lascia perplessi il riconoscimento da parte del Tribunale del reato di abbandono della nave che noi ritenevamo inesistente. Questo reato è infamante per il nostro assistito». Secondo il Codacons, invece, «il tribunale di Grosseto sconfessa in modo definitivo l'operato della procura. Molti degli argomenti portati da noi in giudizio - spiega l'associazione - al fine di evidenziare i devastanti malfunzionamenti della nave e l'evidente nesso causale tra questi ultimi e la perdita di vite umane, nonché le altrettanto evidenti responsabilità della compagnia armatrice e degli organismi di certificazione e controllo, sono stati evidentemente tenuti dal tribunale in ampia considerazione nel determinare l'entità della condanna».