Clochard bruciato vivo, la confessione di Pecoraro: «Non si è nemmeno pentito»

Clochard bruciato vivo, la confessione di Pecoraro: «Non si è nemmeno pentito»
di Lara Sirignano
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Lunedì 13 Marzo 2017, 09:52 - Ultimo aggiornamento: 15 Marzo, 15:28

PALERMO Potrebbe trovarsi nell'infermità mentale la spiegazione di un gesto altrimenti inspiegabile: la decisione di dar fuoco a un uomo, cogliendolo di sorpresa nel sonno. Sarebbe questa la linea scelta dai legali di Giuseppe Pecoraro, il benzinaio palermitano, fermato sabato sera dalla polizia con l'accusa di aver cosparso di benzina e poi incendiato, assassinandolo, Marcello Cimino, un clochard di 45 anni.

Gli avvocati dell'omicida, nominati d'ufficio, hanno potuto parlare con il loro cliente per pochi minuti, un tempo sufficiente, però, per consentir loro di avanzare seri dubbi sulla sua salute mentale. Il benzinaio avrebbe più volte chiesto di avere i farmaci che, a suo dire, prendeva da tempo per una malattia psichica. Gli avvocati, Brigida Alaimo e Carolina Varchi, non sono riusciti a capire se fosse davvero sotto cura. Un particolare certamente non di poco conto che cercheranno di approfondire nei prossimi giorni, anche parlando coi familiari di Pecoraro.

LE AMMISSIONI
Dopo aver negato per ore, dopo aver tentato di difendersi con alibi poco credibili, ad esempio sostenendo che le bruciature sulle braccia, fatte mentre dava fuoco al clochard, erano frutto di un incidente domestico, il benzinaio ha ammesso di aver assassinato Cimino. A quel punto il verbale di interrogatorio è stato interrotto. Ed è allora che le due legali, di turno nell'elenco dei difensori d'ufficio, sono state chiamate.

Per oggi, davanti al gip, è prevista l'udienza di convalida del fermo disposto ieri dalla polizia. Non è detto, però, che Pecoraro, che durante l'interrogatorio ha scelto di rispondere agli inquirenti, non decida di restare in silenzio, prerogativa che gli è concessa in quanto indagato e che ieri non ha voluto utilizzare. «Era in uno stato di confusione totale - spiega l'avvocato Alaimo -. C'è parso che non fosse assolutamente in grado di capire cosa gli stesse accadendo».

Ma gli investigatori di dubbi ne hanno pochi. A parte la confessione e l'assenza di qualunque rimorso o pentimento, gli indizi a carico di Pecoraro sono molti. Una serie di testimoni, tra cui alcuni commercianti, hanno raccontato di una lite che avrebbe avuto il giorno prima dell'omicidio con Cimino. L'alterco sarebbe stato provocato dal sospetto del benzinaio che questi avesse una relazione con la sua compagna. «Ero geloso», avrebbe detto agli inquirenti quando le sue difese sono crollate.

IL MOVENTE
Dietro al brutale delitto, dunque, ci sarebbe un movente passionale. Il benzinaio avrebbe temuto che il clochard, separato dalla moglie e con due figlie, insidiasse la sua donna. Per questo avrebbe preso un bidone di benzina, si sarebbe presentato, in piena notte, nel ricovero del senzatetto, alla missione dei frati Cappuccini, avrebbe versato il liquido e gli avrebbe dato fuoco. A riprendere il film dell'omicidio una videocamera di sicurezza, utilissima per confermare i sospetti della polizia. Mentre accendeva il rogo Pecoraro si è ustionato, indizio servito poi alla polizia per incastrarlo.

I DUBBI
Resta il dubbio, anche su questo continuano a indagare gli inquirenti, che l'assassino non abbia agito da solo. Accanto al clochard, nel giaciglio improvvisato di coperte e cartoni nel portico della missione, dormiva un altro senzatetto che qualcuno potrebbe aver chiamato, prima del delitto, facendolo allontanare e salvandogli la vita. È stato lo stesso Pecoraro o qualcuno l'ha aiutato? Le indagini vanno avanti nel tentativo di mettere insieme gli ultimi tasselli di un giallo durato meno di 24 ore. Tanto è bastato alla polizia e alla Procura di Palermo - l'inchiesta è stata coordinata dal procuratore Francesco Lo Voi e dalla pm Maria Forti - per scoprire il responsabile dell'omicidio.


 

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