Circeo, la sorella di Rosaria Lopez: «Quei neofascisti insospettabili, c’è la loro firma su altri delitti»

Rosaria Lopez e Donatella Colasanti
di Valentina Errante e Mauro Evangelisti
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Venerdì 25 Maggio 2018, 23:24 - Ultimo aggiornamento: 27 Maggio, 15:23

Non solo il «sacrificio» di Rossella Corazzin. Angelo Izzo, il mostro del Circeo, davanti ai pm romani ha raccontato molto di più. La sua versione su fatti di sangue e violenza ai quali, negli anni Settanta, avrebbe preso parte. E, come per il massacro del Circeo, non da solo. Tanto che la procura ha recuperato i vecchi faldoni e ha deciso, comunque, di verificare anche le accuse mosse agli ex ragazzi di estrema destra, quelli che allora si incontravano all’Eur, all’ombra del “Fungo”, e, sfuggiti alla giustizia, oggi, uomini fatti, hanno rimosso quel passato.

Secondo Izzo, sulla sua coscienza pesano episodi simili a quelli del Circeo, anche se le ragazze non furono uccise. «Non dite che è psicopatico, Izzo è lucido. Sono convinta che non menta quando dice che hanno ucciso un’altra ragazza prima del Circeo, dove ammazzarono mia sorella. Quel gruppo aveva alle spalle altri delitti, andava in giro a violentare le ragazze». Letizia Lopez è la sorella di Rosaria, che aveva solo 19 anni quando, insieme all’amica Donatella Colasanti, fu segregata nella villa del Circeo.

IL CIRCEO
Violenze sessuali e torture durate per trentasei ore, pianificate dai tre giovani della Roma bene e vicini estremismo di destra, Angelo Izzo, Andrea Ghira e Gianni Guido. Era il settembre 1975, un’altra Roma e un’altra Italia. Rosaria fu uccisa, Donatella si salvò e morì nel 2005. Quarantatré anni dopo Izzo racconta: un mese prima eravamo in vacanza in Cadore, rapimmo una ragazza di 17 anni, la portammo nel Lago Trasimeno, la violentammo e la uccidemmo. 

RACCONTO
Se fosse vera questa nuova rivelazione di Izzo, il branco avrebbe commesso un delitto altrettanto feroce un mese prima di quello della Villa del Circeo. «Erano abituati a violentare ragazze - insiste Letizia Lopez - avevano protezioni, famiglie potenti, i magistrati e la politica li aiutarono. Per questo sono arrabbiata, Izzo e gli altri facevano parte di una élite che li ha sempre protetti». L’attuale avvocato di Izzo, Rolando Iorio, è prudente: «Guardi, Izzo ha parlato con tanti magistrati. Di questa storia della ragazza friulana mi parlò un anno e mezzo fa, disse anche che la procura non gli aveva creduto». Altri avvocati non credono a Izzo. Come Angelo Palmieri, che assistette Gianni Guido, l’unico oggi in libertà dopo avere scontato la pena: «Con lui si creò un rapporto solido, nel 1977 quando insieme a Izzo tentò di evadere dal carcere di Latina e prese in ostaggio un carabiniere, accettò di liberarlo ottenendo che io prendessi il posto di militare. Se vi fossero stati delitti precedenti, me lo avrebbe detto». 

L’avvocato Adriano Verdesca Zain difese, senza mai incontrarlo, il latitante Ghira, morto nel ‘94: «Sul Circeo vi furono indagini approfondite, gli investigatori avrebbero scoperto un delitto precedente». Letizia Lopez avverte: «Izzo ha una doppia personalità: è un criminale, ma ha bisogno dell’attenzione. Però quando parla racconta anche fatti veri. I magistrati indaghino». E qui si torna alla procura di Roma, a quelle violenze degli anni Settanta di giovani di destra, amici, anzi camerati di Izzo, di cui ha fatto i nomi, e sui quali i magistrati stanno indagando.

I FASCICOLI APERTI
Nel 2016 quando ha scritto promettendo rivelazioni sui casi irrisolti, il procuratore Giuseppe Pignatone ha ritenuto fosse opportuno sentire cosa avesse da dire Izzo. I pm Eugenio Albamonte e Sergio Colaiocco lo hanno ascoltato, lui ha raccontato l’omicidio della Corazzin, poi archiviato a Perugia dal procuratore Luigi De Ficchy. I verbali sono stati mandati in diverse procure per competenza. Izzo ha riferito sulle stragi di piazza Fontana, della stazione di Bologna e di piazza della Loggia. E ancora, sull’omicidio di Fausto e Iaio, su quello di Piersanti Mattarella. Delitti ai quali avrebbero partecipato i suoi amici dell’epoca. Poi i fatti romani: dall’omicidio di Carlo Faiella, che ha ricostruito finendo indagato (e poi archiviato) per calunnia, a quello di Giorgiana Masi e di Mino Pecorelli. Sullo sfondo la Banda della Magliana. Albamonte e Colaiocco non lo ritengono attendibile, ma intanto le verifiche sono in corso. 

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