La Cassazione: «Clan moldavi sono mafiosi, come lo è Carminati»

Massimo Carminati nel corso del processo Mondo di mezzo
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Venerdì 10 Novembre 2017, 23:20 - Ultimo aggiornamento: 11 Novembre, 17:45
Continua il pressing della Cassazione nell'annullare le condanne che escludono l'accusa di mafia per le nuove forme di criminalità ritenute «a bassa potenzialità intimidatrice». Il 26 ottobre la Sesta sezione ha riaperto il processo per mafia al clan Fasciani di Ostia, e adesso con una sentenza che rimanda a Massimo Carminati - e che sembra un altro assist per il ricorso della Procura di Roma su mafia capitale - la Seconda sezione ha dato ragione al Pg di Venezia che vuole condanne per mafia per un clan moldavo dedito al racket. 

Nel verdetto depositato dalla Seconda sezione penale due giorni fa - che ha riaperto l'appello bis per mafia per undici moldavi per i quali la Corte di Appello di Venezia diversamente dal primo grado, come avvenuto per i Fasciani, aveva riconosciuto solo l'associazione semplice - la Cassazione sottolinea che le nuove mafie hanno cambiato «la necessità e le modalità di esteriorizzazione del metodo mafioso». Si muovono sottotraccia, e sono cambiate anche le «condizioni di assoggettamento e di omertà» tanto che questa nuova criminalità - rilevano gli 'ermellinì - è «oggetto di ampia riflessione giurisprudenziale con esiti» che prescindono dal requisito della «indispensabilità del radicamento territoriale». In proposito, la Suprema Corte ricorda che «nel procedimento a carico di Carminati ed altri, cosiddetto Mafia Capitale, in fase cautelare si è escluso che il riflesso esterno della forza intimidatrice debba tradursi necessariamente nel controllo di una determinata area territoriale».

Gli "ermellini" ci tengono a ricordare di aver già dato il "placet" all'accusa di 416bis per gli imputati del "mondo di mezzo" per i quali, a luglio, il Tribunale di Roma ha invece escluso la mafiosità e si attende il ricorso della Procura guidata da Giuseppe Pignatone.
Questa nuova pronuncia esorta i giudici di merito ad avere consapevolezza del fatto che «la permeabilità del contesto sociale all'uso strumentale dell'intimidazione mafiosa è una variabile fortemente condizionata dal più o meno spiccato senso civico e dallo sviluppo di un adeguato livello di legalità» per cui non è necessario che l'impronta mafiosa appaia «in termini macroscopici» per contestare l'accusa di mafia. Questo «è ancor più vero - aggiunge il verdetto - laddove la carica intimidatrice sia, per scelta criminale, diretta al controllo di realtà economiche ben determinate o di peculiari gruppi etnici», insomma sempre di mafia si tratta anche se si dedica ad attività di 'nicchià come gli appalti del terzo settore o il racket dei pullmini. Come nel caso dei moldavi - 80 arrestati, gli undici del verdetto sono quelli che hanno scelto l'abbreviato - che imponevano con la sola forza intimidatrice e il raro ricorso alla violenza una 'tassà sui connazionali e sulle merci in transito da e per la Moldavia nelle aree di sosta di Verona, Vicenza, Venezia, Modena, Bologna, Reggio Emilia e Brescia. Rapinavano anche gli spacciatori nordafricani per rivendere la droga a terzi. Per la Cassazione è mafia anche se prende di mira «peculiari gruppi etnici», come ha sostenuto il Pg di Venezia.
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