Tanto allarmò che piovve - di M. Ajello

di Mario Ajello
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Venerdì 7 Novembre 2014, 05:48 - Ultimo aggiornamento: 14:38
Si è scatenata l'Apocalisse? No. Ha piovuto e anche tanto? Sí. Ma novembre è novembre. E andava trattato, con serietà, per quello che è.

Senza eccesso di precipitazioni allarmistiche, senza ansia da prevenzione che produce paralisi in una città già di per sé precaria e sottoposta a fin troppi stress. Adesso, dopo l'acquazzone abbondante ma non infernale, forte ma non distruttivo, Roma città chiusa tira un sospiro di sollievo (ma con l'occhio scaramantico sempre puntato sui bollettini meteo), le scuole riaprono, la vita riprende, ma resta il dubbio che lo scespiriano molto rumore per (quasi) nulla sia andato in scena qui.



Dove le istituzioni, invece di infondere la sicurezza della propria presenza fattiva di fronte all'alluvione annunciato, hanno praticato un gioco a due (il prefetto ordina la serrata e il sindaco si mette in scia dicendo "l'ha detto lui") e somministrato dosi di evitabilissima paura. Sulla base di una certezza, quella del nubifragio, che poi in parte ha smentito se stessa. L'allarme meteo andava maneggiato con più cura. E la pioggia sull'Urbe non andava descritta preventivamente come uno psicodramma (dicendo ai genitori di tappare in casa i bambini, chiudendo le stazioni della metro, producendo una Roma deserta e bloccata in attesa della furia delle nuvole poi rivelatesi meno rabbiose del previsto) o come il bis dell'alluvione di Genova dove ci si è fatti trovare impreparati.



Intanto il sindaco di Roma se n'è andato a Milano, dove non piove, per mettersi al riparo da eventuali polemiche successive all'alluvione che non c'è stata nelle dimensioni paventate. Nella Capitale molti uffici semi-deserti, mezzi pubblici meno affollati, sgomento negli sguardi dei più: «Ma a che ora si scatenerà l'inferno?» «Ce l'ho il salvagente?» «Saranno troppo corti gli stivaloni ascellari che mi sono comprato dopo l'allarme lanciato dal Campidoglio?» «Bomba o non bomba (d'acqua naturalmente) arriveremo a Roma?», ci si è chiesto sui treni, eccezionalmente poco frequentati, dei pendolari.



Mentre i romani più colti, e pronti a vedere il nuovo film di Ermanno Olmi dedicato al primo conflitto mondiale, sono stati torturati dal dubbio a questo punto drammaticamente inevitabile : «Fu peggiore la Grande Guerra o sarà più terribile l'inutile strage acquatica, anzi subacquea, che sta per scatenarsi sull'Urbe?».



Ma una Capitale degna del proprio rango e del proprio ruolo non può entrare in ansia così. Il ritmo dei tuoni è una cosa, il ritmo di una città un'altra cosa. Solo così si dà ai cittadini la certezza di sentirsi difesi: consentendo loro di fare la propria vita di sempre, anche sotto l'acquazzone.



Antonello Venditti canta nella sua celebre canzone: «Lacrime di pioggiaaaa....». La pioggia, ieri, è stata molto più abbondante e più allagante di una lacrima - non sono state, come si dice a Roma, le solite du'gocce - ma soprattutto ha avuto la forza di svelare la fragilità non solo dei bollettini meteo ma anche quella di chi, sulla base di questi report, deve governare la quotidianità con fattiva pazienza.