Allarme parmigiano reggiano: calano la domanda interna e le esportazioni

Allarme parmigiano reggiano: calano la domanda interna e le esportazioni
di Antonio Bonanata
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Lunedì 29 Dicembre 2014, 23:41 - Ultimo aggiornamento: 1 Gennaio, 23:45
È il re dei formaggi stagionati, è il Parmigiano reggiano. Prodotto nelle aziende emiliane sparse tra le provincie di Parma, Modena, Reggio Emilia, Bologna e Mantova, rappresenta uno dei marchi italiani d’eccellenza esportati in tutto il mondo.



Ma ora sta vivendo un momento di crisi: eccesso di offerta a fronte di una domanda più bassa, calo dei prezzi e dell’export (soprattutto verso la Russia di Putin, sanzionata dall’UE). E il Consorzio che sovrintende alla sua produzione fa un po’ di calcoli per mettere in numeri l’entità del difficile momento.



Se fino al 2013 le forme prodotte avevano superato i tre milioni, a ottobre di quest’anno si era abbondantemente sotto i 2,8 milioni, pur con un incremento dello 0,7 per cento rispetto alla produzione del 2012. Il trend in diminuzione si mantiene stabile per via di due fattori paralleli: da un lato, una domanda più ridotta da parte delle famiglie italiane che, morse dalla crisi dei consumi, tagliano sui prodotti alimentari di pregio, ripiegando verso qualità inferiore a prezzi più abbordabili; dall’altro, i mancati incassi degli allevatori emiliani mettono in difficoltà un intero settore, quello delle materie prime necessarie a produrre Parmigiano.



Tra queste, oltre al fieno per le vacche da mungere, soprattutto il latte, che va a costituire il 70 per cento di ogni forma (per ottenerne una, ce ne vogliono 600 litri). Se quindi non si riescono a smaltire gli esemplari prodotti ogni anno, perché la domanda non regge il ritmo di produzione, si corre ai ripari: il Consorzio, che controlla gli oltre 400 caseifici dove si trasforma il latte in formaggio prima della stagionatura, ha deciso di ridurre del 5 per cento la produzione di latte per il 2015 (800mila tonnellate), tradotto in un calo di 150mila unità di esemplari.



Dall’inizio della crisi il consumo di formaggi in Italia è sceso del 6,3 per cento a fronte di un 4,1 per cento in più di export: sono state quasi 60 mila le tonnellate vendute in tutto il mondo. In agosto, tuttavia, le pesanti sanzioni economiche imposte alla Russia per l’invasione dell’est dell’Ucraina hanno inferto un durissimo colpo al mercato del Grana e del Parmigiano, fino a quel momento abbastanza florido (le esportazioni occupano ormai il 30 per cento del totale delle vendite). Non si può neanche dimenticare la crisi vissuta due anni fa dopo il terremoto che colpì l’Emilia, proprio la vasta area in cui si concentra la produzione di Parmigiano: sono ancora vive nel ricordo di tutti le immagini dei depositi con le forme distrutte e ormai irrecuperabili.



Ciò che lamentano soprattutto allevatori e casari è il sottostare ai prezzi imposti dai commercianti, che acquistano all’ingrosso partite di svariate decine di esemplari. Nel 2012 il formaggio stagionato fra i 12 e i 24 mesi veniva pagato nove euro al chilo; nel 2013 la media è stata di otto euro; quest’anno non si sono superati i sette. Di questo passo, non converrà più impegnarsi nella realizzazione di un prodotto che richiede una lunga gestazione ma che poi finisce per costare quasi come un formaggio pronto in poche ore.
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