Milano, accusato di bancarotta e frode fiscale, l'immobiliarista Coppola si dispera in aula: sempre stato una persona perbene

Milano, accusato di bancarotta e frode fiscale, l'immobiliarista Coppola si dispera in aula: sempre stato una persona perbene
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Giovedì 18 Gennaio 2018, 11:44 - Ultimo aggiornamento: 19 Gennaio, 08:20

«Non ce la faccio presidente, non ci riesco». Dopo queste parole si è messo a piangere davanti ai giudici milanesi, che lo invitavano a concludere le sue lunghe dichiarazioni spontanee in aula, Danilo Coppola, l'immobiliarista tra i protagonisti all'epoca dell'indagine sui furbetti del quartierino e arrestato nuovamente nel maggio 2016 nell'inchiesta milanese con al centro le accuse di bancarotta e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e quattro capi di imputazione, tra cui il crac della Porta Vittoria spa, società che era titolare di un progetto di sviluppo immobiliare nell'area sud-est di Milano e mai portato a termine per problemi finanziari.

Poco prima, oltre a cercare di respingere punto per punto le accuse della Procura che per lui ha chiesto una condanna a 7 anni di carcere e una maxi confisca da 664 milioni di euro, Coppola aveva sostenuto: «Io lavoro da quando ero bambino, sono sempre stato una persona perbene anche se qui si dice il contrario».

Nella scorsa udienza i pm Giordano Baggio e Mauro Clerici avevano concluso la loro requisitoria sottolineando come l'immobiliarista non abbia mai «messo sul piatto un euro per sanare» i crac della sua
galassia societaria, «ma fino all'ultimo ha cercato di sottrarre risorse». Risorse dissipate, sottratte o distratte, secondo i pm, per un totale di 664 milioni, di cui 320 nascosti al Fisco. «Io spero che prima o poi vadano a processo i veri colpevoli - ha detto Coppola in uno dei passaggi delle sue dichiarazioni davanti all'ottava sezione penale presieduta da Luisa Ponti - io ho dissipato Porta Vittoria, io?». L' immobiliarista, infatti, già arrestato dalla magistratura di Roma nel 2004 e nel 2007 e due anni fa condannato in primo grado a 9 anni dai giudici della Capitale, ha chiamato in causa una serie di «autorevoli professionisti» e il Banco Popolare «che ci ha finanziato e sapeva benissimo quali erano le condizioni del gruppo Coppola, io mi sono fidato del Banco che dal 2009 ha diretto tutte le operazioni che noi abbiamo eseguito». E ancora: «Noi dovevamo fare quello che abbiamo fatto sulla base di un accordo con l'Agenzia delle Entrate e ora quello che abbiamo fatto mi viene contestato». In più per difendersi ha lanciato anche un'accusa alla Procura: «Quando ero in carcere - ha sostenuto - la Procura mi disse che la mia società Porta Vittoria, in concordato preventivo, doveva fallire e che io dovevo revocare gli avvocati, se volevo andare ai domiciliari. E io - ha aggiunto - ho firmato un foglio, il mio avvocato non è più andato alle udienze e la società è fallita e ora loro mi contestano la bancarotta, dico queste cose e mi prendo la responsabilità di ciò che dico».

I pm hanno così ricostruito i 664 milioni di cui han chiesto la confisca a carico di Coppola: 31 milioni da distrazioni dal Gruppo Immobiliare, 60 milioni da dissipazioni da Milano Properties, 100 milioni dalla «operazione Mediobanca», 153 milioni in totale dalla bancarotta Porta Vittoria e 320 milioni sottratti all'Erario. Oggi gli interventi delle parti civili, tra cui quello del legale Davide Sangiorgio, che rappresenta la curatela fallimentare di Porta Vittoria spa. A febbraio parlerà la difesa.