Covid, il sociologo: «Il Governo è preda degli eventi, si muove sull'onda emotiva»

Covid, il sociologo: «Il Governo è preda degli eventi, si muove sull'onda emotiva»
di Francesco Malfetano
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Martedì 15 Dicembre 2020, 06:12 - Ultimo aggiornamento: 09:28

«La sensazione è che il governo si muova seguendo l'onda emotiva degli italiani. Solo che ora i più giovani sono arrivati addirittura a dire fatece menà com'è successo al Pincio, e quindi è evidente che non si può continuare così. Non si può essere sempre in balia degli eventi. Bisogna trovare una direzione». Per Giuseppe De Rita, sociologo e fondatore del Censis, gli italiani «Non ne possono più degli ondeggiamenti». Con regole chiare «accuserebbero meno» la situazione.


Professor De Rita, ci risiamo. L'esecutivo sembra stia per compiere l'ennesima giravolta. Questa indecisione finisce con l'essere deleteria?
«Siamo in balia degli eventi.

Però non darei colpa al governo direttamente. Piuttosto al fatto che il governo non ha avuto una precisa politica preliminare, non si è attrezzato in tempo».

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Tra prima e seconda ondata intende?
«È evidente che siamo stati capaci di restare addirittura più impreparati dinanzi alla seconda ondata. Nella prima, con i drammi del bergamasco e del milanese, il governo ha dovuto intervenire drasticamente d'urgenza e lo ha fatto. Non avevamo davvero idea di cosa stesse succedendo ma ci siamo mossi bene. Nella seconda ondata invece, quella che stiamo vivendo in vista della terza come dicono, c'è stata la rincorsa al contagio. E fare politica in questo modo, dicendo Se aumentano i contagi saremo più duri o se aumentano in Lombardia e in Basilicata chiudiamo tutto è una rincorsa. Così è il contagio che guida la partita. In più tra gialli, rossi ed arancioni non si capisce più molto».


Dice che le differenti colorazioni stabilite dal Dpcm del 3 novembre hanno creato solo caos?
«La cosa si è trasformata in un meccanismo di disordine mentale per le Regioni, per i Comuni e per i singoli cittadini. Un disastro che purtroppo crea disparità tra le categorie sociali»


Bisognava muoversi diversamente quindi.
«Vede quando c'è un pericolo annunciato, serve una barriera che lo anticipi e non una che lo freni dopo che è arrivato. Serviva una strategia diversa. Puoi anche fare quella dell'articolazione territoriale ma la devi fare prima, spiegarla a tutti. E soprattutto non devi mettere in moto un meccanismo di concorrenza, o di rincorsa a cose differenti come ora che i comuni e la regione rincorrono le riaperture mentre il governo rincorre il contagio. È qui il vero problema di fondo».


Cioè? Nelle istituzioni che non riescono a remare nella stessa direzione?
«Sì. Ma ha cause più profonde che risiedono nel fatto che la nostra scienza medica purtroppo dinanzi al virus non aveva la cura quindi abbiamo dovuto operare nell'unico modo possibile: cioè facendo in modo di evitare che la gente si ammali. E questo è un fattore di spaesamento che però ha colpito anche il governo e non solo il Paese. Mi faccia precisare una cosa però».

Dica.
«Se da un lato il governo ha certamente qualche colpa dall'altro non possiamo attribuirgliele tutte. Però pagano loro perché non ne possiamo più degli ondeggiamenti. Ma non è solo una questione di Dpcm ultimo o di quello futuro, ma di tutta la strategia di fronteggiamento dell'epidemia».


Lei dice non ne possiamo più, ma sarebbe sempre così con regole più chiare?
«Certo, il bisogno di reagire alla compressione lo si accuserebbe di meno. Per ora lo sfiatatoio è finito ai ragazzi che sono i più compressi e quindi i più reattiva. Non possono andare a scuola, in palestra o in discoteca, e stanno a casa a fare che? Ovvio che poi si menano al Pincio. La verità è che dietro di questo c'è una voglia di reagire di far qualcosa. Non diamo fastidio a nessuno, non rompiamo vetrine, fatece menà. È evidente che non si può andare avanti così».


E gli adulti? Usano lo shopping in centro per decomprimere e quindi riapriamo e chiudiamo provando a non turbarli troppo?
«È un problema difficile da definire. In base a che cosa il governo decide sui negozi fino alle nove anche il sabato di Natale? Se lo fa per decomprimere i cittadini segue un'onda che è la risacca della pandemia. Se invece riapre per motivi economici, perché baristi e negozianti sono alla fame, è più naturale. Dipende da qual è la direzione. Per me si sta muovendo seguendo l'onda emotiva delle persone e, prima ancora, quella dei contagi. Due dinamiche forti, non può che esserne in balia».

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