Draghi parla di «armi all'Ucraina», ma sui social è boom dell'hashtag «Not in my name» e in Parlamento c'è chi si dissocia

Su Twitter è diventato virale il coro unanime di chi si è scagliato contro gli aiuti a Zelensky

Zelensky, gli assenti al discorso in Parlamento e le polemiche su Draghi: «Stupiti dalle parole di guerra»
4 Minuti di Lettura
Martedì 22 Marzo 2022, 17:50 - Ultimo aggiornamento: 18:17

Applausi sì (e praticamente unanimi) ma anche immancabili polemiche. Sono queste le reazioni al discorso in videoconferenza del presidente ucraino Zelensky davanti alle Camere oggi riunite in seduta comune. Accolto da una standing ovation, ha ricevuto l'omaggio di Draghi che ha elogiato l'eroismo e la «dignità» del popolo ucraino. Dopo l'intervento di Zelensky le parole di Draghi che sono entrate nel dettaglio degli aiuti che il Paese intende fornire all'Ucraina: «L'Italia - ha detto - ha ammirato il coraggio, la determinazione, il patriottismo del presidente e del popolo ucraino», sottolineando che «davanti all'inciviltà non ci giriamo dall'altra parte, a chi scappa dalla guerra dobbiamo offrire accoglienza e di fronte ai massacri dobbiamo rispondere con aiuti, anche militari, alla resistenza».

Le polemiche

Non mancano anche le polemiche, per l'assenza dall'aula di alcuni parlamentari, e per la presa di posizione del presidente della commissione Esteri del Senato, Vito Petrocelli (M5s) che ha chiesto il ritiro dei Cinque Stelle dal governo «interventista, che vuole fare dell'Italia un paese co-belligerante». Iv ne ha chiesto immediatamente le dimissioni, la capogruppo del M5s al Senato, Mariolina Castellone, ha tentato di gettare acqua sul fuoco: «Una posizione personale, vedremo come voterà sul decreto Ucraina». Toni accesi anche per i seggi vuoti di alcuni rappresentanti dei partiti. Il segretario del Pd Enrico Letta ha condannato la «disonorevole scelta» di non esserci, quello della Cisl, Luigi Sbarra, ha parlato di «comportamento vergognoso», il leader della lega Salvini ha giustificato la mancata presenza di Simone Pillon: «È a Londra per lavoro». Poi ha commentato le parole di Zelensky: «Quando si parla di armi non riesco a essere felice». Sui social intanto è diventato virale l'hashtag #NotInMyName di chi ha manifestato il proprio dissenso contro l'invio di armi. 

Zelensky, chi scrive i discorsi al presidente ucraino? Ecco il team di sceneggiatori dietro il successo del leader-attore

Alternativa: ipocrisia di chi invoca la pace ma invia armi

«Massima vicinanza al popolo Ucraino di fronte a questa aggressione, basta all'ipocrisia di chi invoca la pace inviando armi come fa il Governo Draghi e la maggioranza che lo sostiene - hanno detto i parlamentari di Alternativa -.

Gli ucraini assieme a tutti i popoli d'Europa meritano pace e sicurezza, non l'escalation del conflitto a cui li si espone inviando armi in zona di guerra ed insistendo nello spingere la Nato fin ai confini della Russia».

«La retorica bellicista dell'imbarazzante intervento di Draghi seguito alle parole di Zelensky che possiamo pure comprendere in un momento così drammatico - aggiungono - getta benzina sul fuoco. A fare le spese di questi errori e di queste posture che aumentano tensione e contrapposizioni è la popolazione Ucraina che paga per tutti noi con l'aggressione illegale della Russia. Se amiamo il popolo ucraino, sosteniamo un percorso di pace, non una nuova guerra fredda in cui sprofondare il mondo per altri 50 anni». 

Fratoianni: stupito dalle parole sulla guerra di Draghi

«Quello che mi ha stupito stamani nell'aula di Montecitorio, di fronte al racconto diretto della tragedia ucraina da parte di Zelensky che ha chiesto sanzioni più dure ed efficaci rivolte ad un maggior isolamento di Putin e del suo regime, sono state le parole del presidente del consiglio Draghi, che non ha perso l'occasione di ribadire la necessità dell'invio di nuovi armamenti nel conflitto. Parole che parlano la lingua della guerra certo non della pace», ha scritto su Facebook il segretario di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni.

Gli assenti 

A far rumore sono proprio le assenze annunciate. Intanto il presidente della Commissione esteri della Camera in quota 5s Vito Petrocelli. Poi il senatore della Lega Simone Pillon («A Londra per un impegno» sottolinea però il segretario leghista Matteo Salvini intercettato all'uscita dall'Aula), la senatrice del gruppo Misto Bianca Laura Granato, i deputati Emanuele Dessì del Partito Comunista, Veronica Giannone e Matteo Dell'Osso di Forza Italia (tutti e tre ex 5S) e la deputata M5s Enrica Segneri. Con loro, oltre all'intero gruppo di L'Alternativa C'è (principalmente ex grillini fuoriusciti dal Movimento), anche il senatore di ItalExit Gianluigi Paragone. Un gruppetto abbastanza folto alla guida dell'area filo-putiniana attiva tra Montecitorio e Palazzo Madama, uno schieramento che la settimana prossima potrebbe in qualche modo spuntarla, segnando un'importante vittoria in termini di propaganda. Al voto previsto al Senato sull'odg per l'invio di nuove armi all'Ucraina infatti, tra i contrari si iscriveranno anche molti cinquestelle e diversi leghisti, in contraddizione con le preferenze già espresse alla Camera. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA