Vaccino, la Moratti si presenta: «Per le dosi privilegiare le Regioni col Pil più alto». E Speranza la gela

Vaccino, la Moratti si presenta: «Per le dosi privilegiare le Regioni col Pil più alto». E Speranza la gela
di Andrea Bassi
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Lunedì 18 Gennaio 2021, 18:37 - Ultimo aggiornamento: 19 Gennaio, 11:30

Sul Titanic Italia, mentre l’orchestra di governo e partiti suona in Parlamento il suo brano più riuscito, la difesa di se stesso, la prima classe, o presunta tale, chiede di poter usare tutte le scialuppe di salvataggio. Da poco insediata a capo della Sanità lombarda, dopo il dimissionamento forzato per scarsissimo rendimento del suo predecessore Giulio Gallera, Letizia Moratti ha tirato fuori il coniglio dal cilindro. Al commissario Domenico Arcuri ha scritto che nel distribuire i vaccini, la merce più rara e preziosa in assoluto di questi tempi, va privilegiato chi produce di più, chi è più ricco. Il criterio, insomma, dovrebbe essere «anche quello del Pil». Come dire: il malato lombardo, siccome vive in una Regione che produce 385 miliardi di prodotto interno lordo, ha più diritto al vaccino del cittadino lucano con i suoi miseri 12 miliardi di Pil, o di quello pugliese con i suoi 107 miliardi, o di quello calabrese con i suoi 33 miliardi, e anche di quello laziale con i suoi 196 miliardi di Pil. E non fa niente che la Sanità lombarda, oggi guidata dalla Moratti, abbia dato la peggior prova di tutto il Paese nell’affrontare la pandemia e non più tardi di ieri abbia persino dovuto ammettere che il sistema di sorveglianza dei dati è andato completamente in tilt, senza nemmeno più poter dire quanti sono i contagiati.

Vaccino, Pfizer ritarda ancora le consegne delle dosi: 241 mila arriveranno mercoledì. Ira di Arcuri

Ma in premio i lombardi vanno vaccinati prima di tutti.

L’ex ministro della salute, Beatrice Lorenzin, ha sperato che la richiesta della Moratti fosse una «fake news». Il ministro della salute Roberto Speranza è dovuto intervenire per spiegare alla Moratti che il vaccino è un diritto «non un privilegio». Qualcuno, insomma, ancora stenta a credere. Ma è tutto vero. E anche peggio. Il governatore Attilio Fontana si è detto pronto a non presentare il ricorso contro la zona rossa nel caso in cui la proposta fosse accettata.

IL DISEGNO

Non c’è in realtà da meravigliarsi. Il tentativo di «secessione dei ricchi» dal resto del Paese è, come ha più volte documentato questo giornale, in corso da tempo. Il disegno sull’autonomia “differenziata”, solo momentaneamente riposto in un cassetto, ha esattamente questo scopo. Il Re è nudo si potrebbe dire. L’autonominata locomotiva, non vuole più il peso dei vagoni. Vuole correre da sola, anche perché sta sistematicamente perdendo terreno nei confronti delle altre regioni europee. Ma è stato il sacrificio dei vagoni, le Regioni del Sud, a determinare la forza motrice della locomotiva. Adriano Giannola, presidente della Svimez, ha calcolato che il Nord ha sottratto al Sud risorse per 60 miliardi l’anno. Soldi investiti in infrastrutture e servizi in una sola parte del Paese. Una cifra che quasi pareggia i contributi a fondo perduto previsti nel Recovery plan. Questa sottrazione ha fatto in modo che le regioni meridionali non potessero mai trasformarsi da vagoni anche loro in locomotive. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. L’Alta velocità si ferma a Salerno. Per andare da Roma a Milano si impiegano ormai solo tre ore.

 

Per raggiungere Lecce dalla Capitale, la distanza è esattamente la stessa, ce ne vogliono sei. Il divario tra i redditi del Nord e quelli del Sud ha ormai raggiunto il 40%. Un calabrese guadagna in media 16 mila euro contro i 27 mila di un lombardo. La sanità meridionale ha subito per anni tagli alle risorse dovuti ai commissariamenti che hanno peggiorato la qualità dei servizi, con il risultato di un esodo di pazienti verso le strutture settentrionali che hanno prosperato sulle risorse per i ricoveri trasferite da Sud verso Nord. Durante la prima ondata del Covid, quando nel Mezzogiorno non c’erano casi, quando i contagi erano concentrati soprattutto in Lombardia, si è deciso un lockdown nazionale che ha penalizzato maggiormente le regioni meridionali. Ancora la Svimez, nel suo ultimo rapporto, ha ben spiegato che l’epidemia che si è diffusa al Nord sarà pagata in termini economici e di occupazione (si vedrà tra due mesi quando scadrà il blocco dei licenziamenti), soprattutto dal Sud con 300 mila nuovi disoccupati, se le stime non peggioreranno ulteriormente. Inutile meravigliarsi si diceva. La storia del vaccino legato al Pil è perfettamente nel solco della classe dirigente di una pezzo di Paese che ritiene ormai non solo di viaggiare in un’altra classe rispetto agli altri, ma anche su un altro treno. Andrea Bassi 

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