Draghi: «Fuori dal tunnel solo con le vaccinazioni», disdette per AstraZeneca

Draghi: «Fuori dal tunnel solo con le vaccinazioni», disdette per AstraZeneca
di Francesco Malfetano
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Sabato 13 Marzo 2021, 00:50 - Ultimo aggiornamento: 07:19

«Entrando qui si capisce che ne usciremo». Per la sua terza uscita pubblica, nel primo pomeriggio di ieri, Mario Draghi ha visitato il centro per le vaccinazioni di Fiumicino realizzato dalla Regione Lazio, con la Croce Rossa e la società Aeroporti di Roma. 

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Dopo aver fatto il punto sull’emergenza, snocciolando i dati dell’ultima settimana (+15% rispetto alla precedente) che hanno reso necessaria l’adozione di nuove restrizioni «adeguate e proporzionate», il premier ha approfittato dell’occasione per annunciare che la produzione italiana dei vaccini non è più tanto distante (c’è il primo accordo, da parte della Patheon Thermo Fisher) e fare un po’ di chiarezza sulla campagna vaccinale provando soprattutto ad allontanare le ombre che vanno allungandosi sul farmaco di AstraZeneca e che già stanno spingendo molti italiani a rifiutare la propria immunizzazione se la fiala a loro destinata è una di quelle dell’azienda anglo-svedese. 


Ed è per questo che Draghi ha prima sottolineato come l’immunizzazione di massa sia la sola via d’uscita, poi difeso la scelta dell’Aifa di bloccare un lotto di vaccini AstraZeneca spiegando però come si sia trattato di una «decisione precauzionale, in linea con quanto fatto in altri Paesi europei».

D’altronde il parere dell’Agenzia italiana del farmaco «è che non vi sia alcuna prova che questi eventi siano legati alla somministrazione» e anche l’Ema, l’Agenzia europea per i medicinali, «ha consigliato di proseguire col suo utilizzo» mentre esamina i casi sospetti. 


L’ACCELERAZIONE
«Qualunque sia la decisione finale dell’Ema - ha però aggiunto il premier - posso assicurarvi che la campagna vaccinale proseguirà con rinnovata intensità». L’obiettivo è chiaro: triplicare il ritmo attuale delle somministrazioni («circa 170mila» al giorno) per raggiungere al più presto almeno le 500mila dosi inoculate ogni ventiquattr’ore. Per questo bisognerà «utilizzare tutti gli spazi utili», dagli ospedali, alle aziende, fino a palestre e parcheggi, proprio come fatto a Fiumicino, dove l’hub è stato allestito nell’area di lunga sosta dell’aeroporto ed è già in grado di garantire 1500 vaccinazioni al giorno. «In Italia sono già operativi 1694 siti vaccinali fissi e altri ne verranno individuati» ha aggiunto Draghi rivolgendosi alla platea in cui erano presenti anche il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, il commissario per l’emergenza Francesco Paolo Figliuolo, il ministro Roberto Speranza, il capo della Protezione civile Fabrizio Curcio e il presidente della Croce rossa italiana Francesco Rocca (intervenuto rinnovando la fondamentale disponibilità dell’associazione, soprattutto per occuparsi «dell’ultimo miglio» della distribuzione). 


In ogni caso, citando il presidente Sergio Mattarella, «esemplare», Draghi ha soprattutto chiesto «a tutti di aspettare il proprio turno. È un modo di mostrarci una comunità solidale, proteggendo chi più ha da temere per gli effetti della pandemia». 


LE AZIENDE


La «forte» accelerazione teorizzata da Draghi passa però da un adeguato approvvigionamento. Al netto dell’ottima notizia rappresentata dall’approvazione da parte dell’Ema del farmaco Johnson&Johnson, continuano però ad accumularsi ritardi, incomprensioni e accuse. Tant’è che mentre il premier parlava a Fiumicino («In queste settimane abbiamo preso decisioni forti nei confronti delle aziende in ritardo con le consegne. Seguiteremo a farlo, per difendere la salute degli italiani») da Bruxelles a rincarare la dose ci ha pensato il commissario Ue per il Mercato unico, Thierry Breton. «Sulla consegna dei vaccini» in Europa, AstraZeneca sta facendo «sforzi» ma «non del suo meglio» ha commentato su Twitter poco dopo l’annuncio dell’azienda di dover tagliare ancora le consegne del 25% anche per il mese di marzo.


Una gestione complicata, che rischia di mettere in difficoltà il piano vaccinale non solo italiano ma anche europeo. Ed è per questo che tutti i Paesi si stanno attrezzando per farsi in casa i vaccini, delegando la produzione alle aziende del territorio capaci di accordarsi con quelle detentrici dei brevetti. Ad esempio Zingaretti, intervenendo, ha sottolineato come solo nel Lazio ci sono 3 aziende pronte a farlo (Catalent e Sanofi ad Anagni, Reithera a Castel Romano).


Ma anche in questo caso è sempre Draghi a dettare la linea, annunciando ieri «la conclusione del primo contratto tra un’azienda italiana e un’azienda titolare di un brevetto», senza fornire ulteriori dettagli.
Solo in serata si è appreso da fonti governative che ad aver firmato «la lettera d’intenti per la produzione di massa di un vaccino in Italia» è la Patheon Thermo Fisher, colosso californiano con due sedi italiane. Una proprio nel Lazio, a Ferentino, nel frusinate, e l’altra a Monza 
 

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