Vacanze sulla neve, i dubbi dei genetisti: «Non basta il limite del 50% per la sicurezza in funivia»

Vacanze sulla neve, i dubbi dei genetisti: «Non basta il limite del 50% per la sicurezza in funivia»
di Valentina Arcovio
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Martedì 24 Novembre 2020, 09:37 - Ultimo aggiornamento: 09:52

«Se da un lato l'attività sciistica può considerarsi a basso rischio, considerato che si tratta di sport individuali che si fanno all'aperto, dall'altro lato ci sono tutta una serie di punti critici che non devono essere sottovalutati: dallo spostamento delle persone fino all'accesso agli impianti e ai luoghi di ristoro». Per Giovanni Maga, direttore dell'Istituto di genetica molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche, questi potrebbero essere gli eventuali pericoli della riapertura della stagione sciistica.

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Professore, è giusto riaprire gli impianti sciistici?
«La decisione di tenere chiuso è sempre relativa al rischio/beneficio.

L'importante è operare queste riaperture in una cornice epidemiologica favorevole e con una rigida applicazione delle misure di sicurezza. In altre parole: non bisogna rifare gli errori dell'estate».


Le misure previste nelle linee guida approvate dalla Conferenza delle Regioni sono sufficienti?
«In generale, il distanziamento e l'utilizzo della mascherina sono in gran parte sufficienti a garantire un rischio di contagio minimo. Le seggiovie sono totalmente all'aperto quindi rappresentano un ambiente a basso rischio e la mascherina garantisce la protezione adeguata. Ma anche in questo caso si tratta di trovare un equilibrio tra evitare lunghe code, con il relativo rischio di assembramenti, e garantire la sicurezza dei passeggeri. Penso che la capienza massima dovrebbe essere valutata anche in base alla tipologia di vagone/cabina. Spesso il numero massimo certificato corrisponde ad una notevole vicinanza, per cui il 50% in certi veicoli potrebbe comunque essere ancora troppo. Meglio sarebbe stato indicare anche una distanza di rispetto interpersonale minima».

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Qual è la principale criticità?
«Sicuramente l'eventuale affollamento delle località in cui sono presenti gli impianti: la vasca lungo la via principale dopo la sciata, l'aperitivo o la merenda, la cena in compagnia di amici magari nell'appartamento. In altre parole, il vero nodo è sempre quello relativo alla socialità diffusa in contesti meno controllati. Per questo oltre alle norme relative agli impianti, le località turistiche dovranno essere molto attente a implementare uguali misure per evitare affollamenti impropri, quindi con negozi e locali rigidamente controllati».

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Senza un controllo adeguato c'è il rischio dello scoppio di focolai?
«Ogni misura di contenimento si basa sul rispetto delle regole e quindi sulla responsabilità individuale. Ma a queste si deve accompagnare un controllo puntuale da parte del personale di vigilanza senza deroghe. Non dimentichiamoci cosa è successo la passata estate».

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E invece il passaggio da temperature basse, quelle che ci sono all'aperto, ad aree riscaldate?
«Gli sbalzi di temperatura possono favorire la congestione delle vie aeree superiori e rendere più suscettibili all'infezione da parte di virus respiratori. Il riscaldamento ovviamente crea quelle condizioni di temperatura ed umidità che sono più favorevoli alla trasmissione del virus, ma non è un problema solo delle cabinovie o delle baite. Il punto fondamentale è la vicinanza tra le persone».
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