«Militari italiani via dall'Afghanistan». Annuncio della Difesa, gelo Lega

Trenta: «Valutare ritiro dall'Afghanistan entro 12 mesi»
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Lunedì 28 Gennaio 2019, 16:03 - Ultimo aggiornamento: 29 Gennaio, 22:05

Non solo Tav e caso Diciotti: il duello elettorale tra Cinque Stelle e Lega si sposta anche sul fronte afghano, alimentando nuove tensioni nella maggioranza. L'annuncio della valutazione del possibile ritiro dei nostri militari da parte del ministro della Difesa Elisabetta Trenta lascia il segno nella giornata politica con da un lato i pentastellati che esultano, dall'altro i leghisti con le bocche plasticamente cucite. Anche se sottotraccia trapela gelo e preoccupazione.

Quanto basta per far pensare in alcuni settori della coalizione che la mossa sia stata gestita dal premier Conte solo con i 5 stelle e non in maniera corale da tutta la maggioranza. Una mossa che in Parlamento viene vista soprattutto in chiave elettorale. Con Luigi Di Maio che su questo tema ricompatta il movimento, ricevendo il plauso non solo di Alessandro Di Battista ma anche del presidente della Camera Roberto Fico. L'anima pacifista pentastellata che vale anche voti e consensi in vista delle elezioni europee. In ambienti vicini al vicepremier Matteo Salvini si getta comunque acqua sul fuoco facendo emergere in chiaro più che altro una posizione attendista: «Facciamo quel che serve per riportare pace e stabilità. Al momento nessuna decisione è stata presa ma solo una valutazione da parte del ministro per competenza».

Parole che comunque stridono con il clamore espresso da Alessandro Di Battista il quale dà ormai per scontato il ritiro dei nostri soldati entro l'anno: «è una splendida notizia - commenta su Facebook - ho lottato tanto per questo obiettivo e con me ha lottato tutto il Movimento. Ho appena parlato con Luigi Di Maio complimentandomi per la decisione. Si tratta di un altro successo di questo Governo». Un atteggiamento che non si allinea con la clamorosa presa di distanze da parte del titolare della Farnesina, Enzo Moavero Milanesi, considerato da molti osservatori molto vicino alle sensibilità del Quirinale. Mentre Palazzo Chigi fa invece filtrare che quella del ministro Trenta è stata una iniziativa «condivisa con la Presidenza del Consiglio». Tutta benzina che però alimenta il fuoco della tensione tra M5s e Lega su altri temi delicati come Tav e caso Diciotti. Il Parlamento è chiamato ad approvare o meno l'autorizzazione a procedere ai danni del ministro dell'Interno per la vicenda della nave militare. E su questo punto la Lega punta i piedi, lanciano un monito esplicito agli alleati pentastellati, il cui voto in Giunta sarà cruciale:
«Processare Salvini - avvertono i due capigruppo Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari - vuol dire processare il governo».

Come dire, toccare il ministro dell'Interno vuol dire far saltare il banco. Sullo sfondo il duello sull'alta velocità. Le mozioni presentate dalle opposizioni su Tav non dovrebbero essere all'ordine del giorno della Camera domani, come inizialmente previsto: problemi di affollamento dei lavori d'Aula dovrebbero favorire un deciso allungamento dei tempi e anche il rinvio di qualsiasi redde rationem su questo argomento. Montecitorio è ancora impegnato a votare la riforma del referendum e poi valuterà una serie di decreti in scadenza. Ma ciò non vuol dire che le posizioni si stiano avvicinando, tutt'altro: ambienti leghisti parlano di una possibile mediazione da parte del capogruppo piemontese Molinari, in attesa che l'esecutivo dia il suo parere alla relazione tecnica. Si tratta di una questione formale, come dimostrano le parole del sottosegretario Massimo Garavaglia: »Siamo in attesa di vedere questa fantomatica analisi costi-benefici per confrontarla con i dati che abbiamo e capire. Secondo noi, però, è molto difficile dimostrare che l'opera non stia in piedi«. Insomma, in pubblico come in privato la Lega ribadisce che sulle grandi infrastrutture, compresa ovviamente l'alta velocità, si va avanti. E nessuna resistenza dei Cinque Stelle potrà fermare questa convinzione.

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