Terzo polo, ecco la strategia: intese con la maggioranza su giustizia e politica estera

Azione e Iv puntano ad attrarre eletti in uscita da Forza Italia e isolare la Lega

Terzo polo, ecco la strategia: intese con la maggioranza su giustizia e politica estera
di Andrea Bulleri
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Sabato 15 Ottobre 2022, 07:08

Il piano, più che all'oggi, guarda al lungo periodo. E se ancora non si può parlare di una vera e propria strategia di guerra, di certo la tentazione serpeggia, dalle parti del Terzo polo. Dove l'idea circola eccome. E suona più o meno così: neutralizzare Forza Italia. Sgonfiare i gruppi di Berlusconi in Parlamento, calamitando nelle proprie file deputati e senatori azzurri. E, all'occorrenza, far pesare questo tesoretto di voti per soccorrere il governo, qualora se ne presentasse la necessità. Magari in funzione anti Lega. Puntando a isolare il Carroccio in caso di passaggi parlamentari delicati, come potrebbero diventare quelli sul fronte della politica estera.
Che lo scenario sia più di una semplice suggestione lo conferma al Messaggero un big del duo centrista Azione-Italia Viva. Che pur escludendo «categoricamente» la possibilità di un ingresso in maggioranza, non nasconde che, su singoli provvedimenti in futuro possano nascere convergenze con l'esecutivo. In altre parole: «La fiducia alla Meloni non la voteremo mai», mette in chiaro chi nel Terzo polo caldeggia l'ipotesi aperturista. «Ma su materie come la giustizia e la politica estera...». Che linea seguire? «Valuteremo caso per caso», è il ragionamento. Del resto, non è un mistero che la sensibilità di molti, nella compagine riformista, su questioni come la riforma dell'ordinamento giudiziario risulti più vicina alle posizioni del centrodestra che a quelle del Pd (a cominciare dal nodo della separazione delle carriere tra giudici e pm).

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DOPPIA STRATEGIA
Un orientamento, quello di non chiudere la porta al dialogo con la maggioranza, che per i terzopolisti risponde a una doppia strategia. Da un lato, puntare all'obiettivo mai nascosto del polo calendian-renziano: svuotare Forza Italia. Progetto reso ancor più attuale dalle crepe che in questi giorni si sono aperte nel partito azzurro, agitato dal caso Ronzulli e dallo smacco subìto sull'elezione di Ignazio La Russa al vertice di Palazzo Madama. «Ormai è chiaro: FI si smembrerà», ragiona uno degli uomini più vicini a Renzi e Calenda. «E noi vogliamo essere pronti a intercettare quelli che se ne andranno. Anche mostrando che con quel mondo possono esserci dei punti di contatto». Dall'altro lato, un'intesa una tantum con FdI potrebbe essere utile a marginalizzare le posizioni più oltranziste della Lega, si ragiona. Soprattutto in caso di voti sulla politica estera. Il conflitto in Ucraina, per esempio. «Che succederebbe se ci fosse bisogno di dare l'ok a un nuovo invio di armi a Kiev e Salvini cominciasse a fare storie?», è la riflessione.
È quella che Renzi ieri insieme a Calenda al congresso romano del Partito democratico europeo, uno dei pilastri di Renew Europe definisce una «opposizione seria e intelligente»: «Ora avverte il senatore di Firenze parte la loro luna di miele, ma credo che avranno molti problemi».

Problemi già emersi, suggerisce Renzi, durante l'elezione La Russa, a cui molti sospettano che il fondatore di Iv abbia contribuito il suo zampino.

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LA CENA
Ipotesi che secondo alcuni osservatori sarebbe dimostrata da quella cena alla Casa Cipriani di Milano che alcune sere fa avrebbe visto insieme, oltre ad altri ospiti, l'ex premier e Daniela Santanché. E se dallo staff di Italia viva negano («Renzi a quell'ora era all'assemblea con gli eletti: non ha ancora il dono dell'ubiquità»), la senatrice di FdI non conferma né smentisce: «Renzi lo considero un amico, abbiamo cenato insieme molte volte. Ma di certo assicura non abbiamo mai parlato di presidenza del Senato, né di voti del Terzo polo al governo». Eppure qualche prova di dialogo già si avvista: «Brava twitta Calenda rivolto alla premier in pectore, che risponde per le rime al Cavaliere In questa vicenda la protervia di Berlusconi, i diktat della Ronzulli, la pretesa di ministeri e gli insulti meritavano una risposta. Ciò premesso aggiunge il leader si Azione così questi non governano sei mesi».
Intanto, per un'opposizione che valuta aperture, ce n'è un'altra che annuncia battaglia. Lo fa il Pd, che in risposta all'elezione del conservatore leghista Lorenzo Fontana sullo scranno più alto di Montecitorio fa trapelare di voler indicare come proprio nome per la vicepresidenza quello del paladino dei diritti civili, padre della mancata legge sull'omotransfobia: Alessandro Zan. Che non si tira indietro: «Per ora è una voce si schermisce verificheremo».
 

 

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