Terza dose vaccino, chi deve farla? Sileri: «Dovremmo iniziare da ottobre»

Faremo tutti la terza dose del vaccino?
di Francesco Malfetano
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Venerdì 20 Agosto 2021, 06:23 - Ultimo aggiornamento: 21 Agosto, 10:11

In Israele sono già più di un milione le terze dosi somministrate a operatori sanitari, fragili e over 50. Gli Stati Uniti invece inizieranno il 20 settembre, seguiti a ruota con ogni probabilità da Francia e Germania, ma solo per i fragili. E l'Italia? Nella Penisola il dibattito si protrae già da alcune settimane ma non c'è ancora una risposta univoca. Per il momento la sola certezza, come ammesso tanto dal direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute Gianni Rezza quanto dal viceministro Pierpaolo Sileri, è che il secondo richiamo ci sarà proprio per i più fragili.

«Dovremmo iniziare da ottobre - ha spiegato ieri Sileri intervenendo a Radio24 - partendo dalle persone più fragili, coloro in cui ci si aspetta una minore risposta immunitaria dopo il vaccino, come i pazienti oncologici in chemioterapia, le persone che hanno subito un trapiantato».

Un po' come anche negli Usa e in Germania resta ancora indefinita la situazione degli over 60.

I NODI

Presto quindi per ritenere delineato il piano d'azione nella Penisola. Intanto con gli hub per le somministrazioni di massa in via di chiusura, rivaccinare l'intera popolazione chiederebbe una nuova riorganizzazione della campagna vaccinale. Ma soprattutto - al netto delle mosse compiute dagli altri Paesi - non è detto che la terza dose debba essere presa in considerazione. «Per sciogliere questo nodo - ha sottolineato infatti Rezza - è ora essenziale rispondere ad alcuni quesiti di tipo scientifico: 1) quanto dura l'immunità conferita dai vaccini; 2) quale ruolo giocano le varianti nel ridurre l'efficacia e la durata della protezione; 3) se sarà possibile raggiungere la cosiddetta immunità di gregge o di comunità».

Il terzo punto sembra ormai già tramontato. Non solo per diversi studiosi italiani, tra cui Giovanni Galli dell'Ospedale Sacco di Milano, quanto soprattutto per gli esperti di statistica medica dell'Università di Oxford che, come riportato dal Guardian, avrebbero provato in un recente studio che gli adulti completamente vaccinati possono ospitare livelli di virus pari a quelli delle persone non vaccinate se infettati dalla variante Delta. Quindi, pur quasi azzerando il rischio di incappare in forme gravi di Covid, il vaccino non garantirebbe affatto il raggiungimento della soglia per l'immunità di gregge.

 

Per quanto riguarda il primo e il secondo nodo da sciogliere secondo Rezza, relativo alla durata della protezione e alle varianti, la questione è decisamente più nebulosa. Ferma restando la relazione con lo studio di Oxford relativo all'immunità di gregge, i pareri sembrano contrastanti. Ad esempio rispetto alla Delta e Beta, in base ai primi dati disponibili in Israele, la terza dose del vaccino Pfizer, ad una settimana o oltre dell'inoculazione, mostra una efficacia contro il virus dell'86% tra gli over 60. Una posizione validata anche dalla Fda americana nell'autorizzare l'inizio della nuova campagna di somministrazione.

Tuttavia per un altro studio dell'università inglese citato dal Financial Times, in realtà la protezione contro le varianti offerta dal farmaco Pfizer degraderebbe più velocemente rispetto ad AstraZeneca. Mentre, secondo una pubblicazione americana (un pre-print) basata su evidenze raccolte in alcuni ospedali del Minnesota anche Moderna proteggerebbe più a lungo di Pfizer. In altri termini, l'attendismo italiano non pare ingiustificato come ha spiegato nei giorni scorsi il microbiologo dell'università di Padova Andrea Crisanti: «Quando si devono prendere decisioni in materia di sanità pubblica, queste devono essere dettate da esperienza, buon senso e dati, e per ora i dati mancano».

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GLI ALTRI PAESI

Dal canto loro gli Stati Uniti hanno già definito che, dal 20 settembre, saranno rivaccinati tutti coloro che avevano ricevuto la prima iniezione 8 mesi fa. Tant'è che anche il presidente Joe Biden e la moglie Jill, vaccinati a gennaio, hanno annunciato ieri che riceveranno il nuovo richiamo appena possibile. E dai «gruppi a rischio», le nostre fasce di priorità in pratica, inizierà anche la Germania. Anche nel Regno Unito, già da inizio luglio, è stato definito il piano d'azione che porterà alla nuova vaccinazione degli over 50. Con una possibilità: il vaccino potrebbe essere somministrato in un'unica soluzione con l'antifluenzale. Poco più di un'idea al momento, ma ci stanno lavorando gli esperti del Vaccine Manufacturing and Innovation Center (VMIC, in inglese) di Oxford.

La vede in maniera diametralmente opposta l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms). «I dati non indicano il bisogno di una terza dose» ha detto in conferenza stampa Soumya Swaminathan, chief scientist dell'Oms. La priorità deve invece essere quella di aumentare le coperture nei Paesi che ancora non hanno avuto accesso ai vaccini perché iniziare con i «booster» con buona parte del mondo ancora non immunizzata potrebbe essere addirittura controproducente: «Non aiuterà a rallentare la pandemia. Togliendo dosi alle persone non vaccinate i booster favoriranno l'emergere di nuove varianti».
 

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