Tav, scontro sulle cifre. Toninelli: «I conti di Salvini sono sbagliati»

Danilo Toninelli
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Martedì 29 Gennaio 2019, 21:59 - Ultimo aggiornamento: 30 Gennaio, 16:38
Una guerra di dossier. E il rischio che l'unica soluzione, per il governo, sia non decidere. Almeno non prima delle elezioni europee. Sul tribolato fronte della Tav, una scelta per il Sì (con o senza modifiche all'opera) o per il No andrebbe presa a febbraio, marzo al massimo. E dal ministero assicurano che così sarà: l'analisi costi-benefici sarà condivisa con la Francia e con l'Ue, poi il governo deciderà. Ma la Lega già mette in discussione i numeri (non ancora divulgati) del ministero guidato da Danilo Toninelli: Matteo Salvini venerdì sarà a Chiomonte, al fianco degli agenti che sorvegliano il cantiere dell'alta velocità.

Il muro contro muro è durissimo. Temporeggiare, alla fine, potrebbe essere l'unica scelta. La Lega fa trapelare il suo «contro-dossier» per il Sì all'opera: sono numeri «incontrovertibili», secondo Massimo Garavaglia. Numeri «giustissimi» anche perché conciliano - spiega - il taglio dei tempi sulla tratta (Milano)-Torino-Lione, e la tutela dell'ambiente con il taglio del traffico su strada. Ma Toninelli dissente: «I conti che ha fatto Salvini non corrispondono a quelli effettivi. Siederemo a un tavolo e prenderemo una decisione nel rispetto del contratto di governo», assicura. Il dossier sui costi e l'analisi giuridica dovranno essere condivise, spiega il ministro, anche con i francesi e con l'Ue. Di qui tempi non strettissimi. Ma, assicurano dal Mit, l'idea è arrivare a una decisione prima delle europee. Dopo, concordano i leghisti, sorgerebbero problemi sia per i fondi Ue che per gli appalti già avviati. Alla fine però rinviare potrebbe essere l'unica soluzione per non spaccare il governo. Il nervosismo è già alle stelle. Toninelli dice di essersi «rotto» di vedere il M5s dipinto come il partito che si oppone alle grandi opere: si sta valutando solo la Tav, sottolinea. Ma Alessandro Di Battista esige un No «prima possibile». E la Lega ha virato con decisione nella direzione di un Sì «senza se e senza ma».

Alla Camera si è rinviato anche il voto su una mozione sulla Tav presentata da Fi: si cerca una sintesi tra M5s e Lega su una dichiarazione che non chiuda alla realizzazione dell'opera ma rinvii all'analisi costi-benefici del ministero.
Ma anche i numeri sono diventati un problema. Tanto che fonti qualificate del ministero delle Infrastrutture smontano una ad una le cifre per il Sì diffuse dalla Lega. «I numeri - affermano - appaiono identici a quelli della società incaricata della realizzazione dell'opera: una minestra riscaldata». Il costo del tunnel di base, fanno notare, non è 8,6 miliardi come sostiene il dossier leghista perché il Cipe l'ha aqgiornato a 9,6 mld. E ancora: «Non si capisce come il segmento francese possa costare soltanto 5,5 miliardi, quando sappiamo che già nel 2011 valeva 7,7 mld. Ecco perché il costo complessivo è pari o addirittura superiore ai 20 miliardi, a differenza di quanto si ritiene nel dossier della Lega», affermano dal Mit. Ed è «propaganda» dire che abbandonare l'opera non costerebbe 20 mld. Dal Piemonte, mentre il tribunale di Torino invia alla Consulta gli atti di un processo per oltraggio a pubblico ufficiale di un attivista No Tav, Sergio Chiamparino sfida Salvini al Sì, ricordandogli che chi lanciava pietre agli agenti è «amico» dei Cinque stelle. Ma Salvini per ora non replica e - sul fronte della campagna elettorale - prova a rilanciare su un altro tema caro all'elettorato leghista: il taglio delle tasse. Entro febbraio, annuncia, sarà presentata la proposta della Lega, che riguarderà lavoratori dipendenti e anche un «vero» quoziente familiare. La flat tax si farà, nei «cinque anni» di governo, assicura, nonostante sulla prossima manovra già pesi l'ipoteca delle clausole di aumento dell'Iva. «Taglieremo l'aliquota Irpef», promette Salvini in tv. Ma anche sulla Tav, assicurano i suoi, non intende demordere.


 
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