La guerra che spacca i 5Stelle e il sondaggio di Di Maio per il sì

La guerra che spacca i 5Stelle e il sondaggio di Di Maio per il sì
di Marco Conti
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Sabato 2 Marzo 2019, 00:06
ROMA «Per l’Italia è il momento di confermare la Tav». La pressione di Bruxelles e Parigi è forte. Giuseppe Conte sa di non poter reggere altri rinvii, ma nel M5S lo scontro è durissimo e la ricerca di una mediazione deve fare i conti con le difficoltà che incontrano i tentativi di ridurre il progetto della Torino-Lione oltre ciò che è stato già pensato dai predecessori del ministro Toninelli. Escludere dall’opera il tunnel tra Orbassano e Avigliana, come immaginato da Luigi Di Maio, significa non fare la Tav e far saltare il governo. Il presidente del Consiglio, che da qualche giorno studia progetti e tracciati, lo ha ripetuto al vicepremier grillino che è alla ricerca di una mediazione in grado di sbloccare l’opera riducendo al minimo i contraccolpi interni. 

LA BOCCIATURA
L’uovo di colombo che Di Maio pensa di aver trovato è un sondaggio commissionato dal Movimento che dà l’elettore grillino favorevole alla Torino-Lione anche se i militanti - specie al Nord - continuano a dirsi contrari. Il saldo, secondo Di Maio, alla fine sarebbe positivo qualora il via libera avvenisse sulla base di una revisione del progetto iniziale. Ma quale? Rivedere i progetti di qualche stazione, o rinviare alcune opere, non soddisfa il nocciolo duro di quei meet-up, nati proprio per contestare la Tav e che non vogliono venga realizzato il tunnel di base, non certo le opere accessorie. La smentita di ieri di palazzo Chigi ad ipotesi di “Mini-Tav” - già abbondantemente presenti e valutati nel palazzone ministeriale di Porta Pia - conferma come la scelta sia tra tunnel “sì” o tunnel “no”.

Nella ridotta dei militanti grillini anti-Tav alla fine si è infilato, per proteggersi dal fuoco amico, anche il ministro delle Infrastrutture. “Merito”, forse, della mozione di sfiducia individuale avanzata dal Pd che alla fine obbligherà tutta la maggioranza a far quadrato archiviando - almeno per ora - ipotesi di cambi al dicastero di Porta Pia. Toninelli sostiene però di parlare «da militante M5S», e quindi non da ministro, quando boccia senza appello l’opera. La precisazione non è da poco e di fatto rimanda a quel contratto di governo che non prevede la cancellazione dell’opera ma una sua revisione. Di Toninelli ce ne sono quindi due, ed possibile prevedere che, al momento giusto, la versione “ministro” possa avere la meglio sulla versione “militante”. Anche perché l’alternativa del referendum in Piemonte, da tenersi insieme alle Europee, rischia di trasformarsi in una bomba ad orologeria sotto il governo.

Mentre Matteo Salvini sta alla finestra avendo già detto come la pensa, al lavoro è il premier Conte che la prossima settimana incontrerà il ministro Toninelli per mettere a punto una proposta in grado di tranquillizzare i cugini francesi che non hanno più voglia di incassare rinvii. Incontri del presidente del Consiglio con Emmanuel Macron non sono in vista. I due si vedranno sicuramente al Consiglio Europeo di fine mese, anche se Macron farà capolino in Italia domani con l’intervista di Fabio Fazio su RaiUno e martedì con un suo intervento che verrà pubblicato da molti quotidiani europei.

Le conclusioni del vertice di Versailles di ieri, e le parole ottimiste del ministro Giovanni Tria, lasciano prevedere che anche sulla Tav il presidente francese non lasci spazi a ripensamenti. D’altra parte la risalita di Macron nei sondaggi è anche dovuta a come il governo ha gestito la lunga vertenza aperta dai gilet gialli dove “vivono” anche duri oppositori alla Torino-Lione che avrebbero dovuto comporre un cartello con il M5S in vista delle elezioni. Una strada, quelle dell’intesa con uno dei leader dei gilet gialli, Christophe Chalencon, che Di Maio ha abbandonato preferendo alleanze con partiti meno da barricata. Ma sulla Tav è complicato per Di Maio scivolare su posizioni più realiste, anche perché l’ala ortodossa del Movimento ha dalla sua Beppe Grillo che contro la Tav ha intrattenuto per anni i suoi spettatori oltre a porre le basi del partito.

LA MELINA
Ma se per Di Maio è «una questione ideologica», Salvini avverte forte la pressione del Nord - già in crisi per i dati dell’economia - ed è pronto anche a mettere in discussione il governo qualora la prossima settimana il M5S confermasse un “no” alla Tav tale da impedire anche la partenza dei bandi di Telt. Questa resta, per ora, l’unica via d’uscita per arrivare sino alle elezioni di maggio. In questo modo la Lega può sostenere che l’opera va avanti e il M5S che i bandi sono revocabili entro sei mesi senza penali. Una soluzione che, pur non bastando alle rispettive tifoserie, potrebbe spingere in avanti la decisione finale. Ammesso però che basti ai francesi, con i quali dovremmo realizzare l’opera, e a Bruxelles che è già pronta a richiedere indietro trecento milioni di euro.
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