Referendum taglio parlamentari, dopo i 4 Fi pronti al ritiro delle firme anche senatori Pd

Taglio parlamentari, slitta la richiesta di referendum: mancano le firme
4 Minuti di Lettura
Giovedì 9 Gennaio 2020, 11:38 - Ultimo aggiornamento: 18:54

Slitta il deposito in Cassazione del quesito referendario contro il taglio dei parlamentari. Sono venute a mancare alcune delle 64 firme dei senatori necessarie per la richiesta di referendum. A ritirare la firma sarebbero stati senatori di Forza Italia ma altri del Pd sarebbero in procinto di fare lo stesso. Andrea Cangini (Fi) assicura che sarà preso un nuovo appuntamento entro il 12 gennaio, termine ultimo. «In 4 hanno ritirato le firme ma altri si stanno aggiungendo per cui per correttezza abbiamo chiesto alla Cassazione uno slittamento», ha aggiunto Cangini.

LEGGI ANCHE Gregoretti, la maggioranza chiede il rinvio del voto su Salvini. Lui: zero dignità

I quattro del dietrofront a cui si riferisce Cangini sono senatori di Forza Italia, dell'area vicina a Mara Carfagna, guidati da Massimo Mallegni. «Sto andando a ritirare le firme per la richiesta di referendum sul taglio dei parlamentari insieme ai colleghi Dalmas, Masini e Stabile», ha detto Mallegni.

Senatori Pd pronti al ritiro. Anche alcuni dei senatori Pd che hanno firmato la richiesta di referendum sul taglio dei parlamentari dovrebbero a breve ritirare le loro firme. Lo si apprende da fonti Dem secondo le quali sarebbero stati fitti i contatti nelle ultime ore nel partito per indurre i sette senatori Dem (Nannicini, Verducci, Rojc, Rampi, D'Arienzo, Giacobbe, Pittella) al ritiro. Secondo alcune fonti dovrebbero essere revocate tutte le firme ma non è escluso che qualche senatore mantenga il punto.


Cosa è successo. I promotori della raccolta, a quanto si apprende, stavano chiudendo il verbale, quando Mallegni ha bloccato l'operazione, dando vita a una discussione. Il verbale è stato quindi bloccato, così come la consegna. Le firme devono essere raccolte e verbalizzate entro domenica 12 e possono essere consegnate in Cassazione anche il 13.

Anche alcuni dei senatori Pd dovrebbero a breve ritirare le loro firme. Lo si apprende da fonti Dem secondo le quali sarebbero stati fitti i contatti nelle ultime ore nel partito per indurre i sette senatori Dem (Nannicini, Verducci, Rojc, Rampi, D'Arienzo, Giacobbe, Pittella) al ritiro. Secondo alcune fonti dovrebbero essere revocate tutte le firme ma non è escluso che qualche senatore mantenga il punto.

«Chi vuole veramente il taglio dei parlamentari, tolga la firma dal referendum», dice Mallegni, spiegando la sua decisione «irrevocabile» di ritirare la firma. «Sennò si fa il gioco di chi vuole allungare il brodo visto che durante il referendum non si possono sciogliere le Camere». E continua: «Io ho votato a favore di una norma e ho votato perché ci fosse il referendum confermativo, non abrogativo, su quella riforma. Ma quando ho capito che era nell'aria qualcosa che non mi sta bene, ho deciso diversamente. Noi vogliamo votare immediatamente». Perciò conclude: «Dal mio punto di vista, il 12 gennaio scade il termine per il deposito delle firme e il 13 si va a votare, quindi con meno parlamentari perché io voglio mandarlo a casa questo governo. Non faccio nessun favore né a M5s né alla sinistra».

«Sono stata tra i primissimi a firmare per il referendum sul taglio dei parlamentari ma ora ci ripenso, perché mi sembra ci siano manovre e interessi che non vanno nella direzione della riforma, del perché è stata voluta e votata. Anche Forza Italia l'ha votata perché è sempre stata favorevole al taglio dei parlamentari», spiega la senatrice di Forza Italia Barbara Masini. E aggiunge: «Non mi va che quel referendum venga strumentalizzato e associato al voto anticipato come un escamotage per salvare le poltrone. Né voglio essere associata a chi pensa questo. Io andrei a votare domattina anche se perdessi il mio seggio».

Questo, infine, il commento di Laura Stabile: «Avevo firmato la richiesta di referendum ritenendo fosse giusto sottoporre la riforma all'esito popolare, ma c'è il sospetto che si usi la dilatazione dei tempi in caso di referendum come un trucchetto, visto che se si andasse a elezioni anticipate, si voterebbe per eleggere il vecchio numero di parlamentari. Questa è una manovra di palazzo a cui non mi presto».

© RIPRODUZIONE RISERVATA