Superbonus, proroga al 31 dicembre. E Meloni ferma il piano "salva-calcio" di Lotito

Presentati oltre 3mila emendamenti. Sindacati divisi: Cgil e Uil per la mobilitazione. La Cisl dice no

Superbonus, opzione donna, le ultime modifiche nella legge di bilancio: c'è anche il no alla Lazio di Lotito
di Alberto Gentili
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Giovedì 8 Dicembre 2022, 00:23 - Ultimo aggiornamento: 13:23


Sì ad allentare le maglie di “opzione donna”, sì al superbonus del 110% per chi presenta il permesso a costruire (Cilas) entro il 31 dicembre e sì a un mese in più di stipendio all’80% per i neo papà in permesso. Nel giorno in cui sulla legge di bilancio piovono 3.104 emendamenti (617 della maggioranza), sono queste le concessioni di Giorgia Meloni e di Giancarlo Giorgetti ai capigruppo del centrodestra riuniti a palazzo Chigi. Ma nel conclave di maggioranza sulla legge di bilancio viene scandito anche un grosso “no”. Destinatario: il presidente della Lazio, Claudio Lotito.
Meloni, al pari del ministro dell’Economia, non ne vuole sapere del piano “salva-calcio” presentato da Lotito. «Con le famiglie e le imprese in difficoltà, sarebbe insostenibile», ha scandito la premier, concedere la rateizzazione in cinque anni dei debiti alle società sportive. E tantomeno «sarebbe accettabile» lo scudo penale e amministrativo proposto dal presidente della Lazio. Dunque, pollice verso del governo all’emendamento al decreto Aiuti quater presentato da Lotito. «Anche perché», ha osservato Meloni, «questi debiti sono frutto soprattutto di malagestione» da parte delle società di serie A.

«E in ogni caso», ha aggiunto Giorgetti, «un eventuale intervento deve valere per tutte le imprese, non solo per quelle del calcio». Per dirla con Andrea Abodi, ministro dello Sport: «Il governo è contrario per delle norme ad hoc per le società di serie A».

E, da parte sua, la Figc stava già lavorando a un piano B: abbassare la sanzione per chi non pagherà dal 10 al 3%, e pressare l’Agenzia delle entrate affinché mandi alle società l’avviso bonario il prima possibile, in modo che paghino la prima rata ed evitino in questo modo la denuncia penale.


Il niet a Lotito, il cui emendamento era stato controfirmato in Senato praticamente da tutti i partiti, è stato solo un passaggio del vertice di maggioranza. «Bisogna marciare veloci e senza perdere tempo», ha avvertito Meloni che, tra vedere e non vedere, ha battezzato una “cabina di regia” sulla manovra per provare a dribblare gli intoppi. In più la premier ha provato a chiudere la querelle con Bankitalia: «Le critiche sono inevitabili, ma ciò che conta è che il giudizio complessivo è buono. E allora avanti, difendiamo la manovra dentro e fuori il Parlamento».
Resta però aperta la questione del tetto all’uso Pos nei negozi: «Il limite dei sessanta euro può essere abbassato, ne discuteremo in sede Ue. Ma non va snaturato, è di buonsenso e non aiuta l’evasione». E se cadrà nel vuoto la richiesta di Forza Italia di portare a 600 euro le pensioni minime («non ci sono le risorse», dicono a palazzo Chigi), avanza l’ipotesi di un “contributo di solidarietà” pagato dalle banche a favore dei commerciali che accettano i pagamenti con il Pos sotto i 60 euro. Buio completo, o quasi, invece su come sbloccare la cessione dei crediti per il superbonus del 110%: «Al momento una soluzione non c’è», dice un ministro che segue il dossier. Via libera invece, come si diceva, alla proroga al 31 dicembre. 

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IL NODO RISORSE


Su ogni tema il nodo è quello delle risorse. Meloni l’ha detto anche ai leader sindacali incontrati a palazzo Chigi: «Avete avanzato proposte sensate, ma purtroppo non ci sono i soldi per tutte. Il taglio del costo del lavoro è una priorità e faremo di più appena avremo le risorse». La flat tax per gli autonomi? «Non penalizza i lavoratori dipendenti». Lo stop all’indicizzazione delle pensioni più alte? «Abbiamo deciso di aiutare chi non ce le fa». I voucher? «Non diventeranno uno strumento per sottopagare i lavoratori». Parole che non hanno convinto Maurizio Landini (Cgil) e Pierpaolo Bombardieri (Uil), pronti a una serie di scioperi Regione dopo Regione a partire dal 12 dicembre. Soddisfatta invece la Cisl di Luigi Sbarra, che già aveva bocciato lo sciopero proclamato dai sindacati cugini, sulla «grande disponibilità a modificare la manovra», arrivata dal governo. Annotazione positiva anche dall’Ugl: «Il momento è difficile e non è l’ora della piazza ma del dialogo», secondo il segretario Paolo Capone. Replica di Bombardieri alla proposta di Meloni di un tavolo di confronto: «Con i tavoli non si pagano le bollette né si mangia». 
Il percorso della manovra è comunque difficile. I «tempi sono strettissimi». E il “tesoretto” per soddisfare gli appetiti è di appena 700 milioni: 400 per accogliere le proposte di modifica parlamentare e 300 destinati alle richieste dei dicasteri. «Di certo tutti gli emendamenti di natura localistica verranno respinti», dicono a palazzo Chigi.
Alla chiusura dei termini, le proposte di modifica alla legge finanziaria presentate in commissione Bilancio della Camera sono state 3.104, di cui 617 intestate alla maggioranza (285 di FdI, 151 della Lega, 136 di FI, 45 di Noi moderati). Ma alla fine non saranno più di 450 gli emendamenti “segnalati” e dunque posti al voto, oltre a 250 per le opposizioni.

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