Sondaggi M5s: Di Maio al 3%, Conte al 10%. Due partiti, voti dimezzati

Il 30% delle Politiche 2018 è lontano. La scissione fa male a entrambi i leader

Sondaggi M5s: Di Maio al 3%, Conte al 10%. Due partiti, voti dimezzati
di Barbara Acquaviti
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Mercoledì 22 Giugno 2022, 22:02 - Ultimo aggiornamento: 23 Giugno, 16:16

Su un punto sono tutti d’accordo: la storia insegna che le scissioni penalizzano sempre chi le fa ma anche chi le subisce. Ora che l’addio di Di Maio al M5S è una realtà, i sondaggisti si chiedono quale peso possa avere questa formazione e se, e quanto, potrà danneggiare Giuseppe Conte.
Per avere delle rilevazioni sul campo bisognerà aspettare come minimo la settimana prossima, ma di certo nessuno si aspetta che un partito del ministro degli Esteri possa fare performance superiori al 2-3%, a meno che il progetto non sia più allargato – come lui stesso ha lasciato intuire – ad altre personalità come Beppe Sala, Dario Nardella o Luigi Brugnaro. Ma a rischiare è anche il M5S che, dopo essere precipitato dal 32% delle Politiche all’attuale 12-13%, ora potrebbe scendere sotto la soglia psicologica del 10%.
Enzo Risso, direttore scientifico di Ipsos, preferisce non dare delle cifre però sottolinea che il centro, a cui Di Maio sembra guardare, è «un’area molto affollata» e «in un quadro politico tendenzialmente ancora polarizzato non va, tutti compresi, oltre il 15%». A parlare di consensi molto probabilmente «trascurabili» per un eventuale partito del ministro degli Esteri, è invece Roberto Weber, presidente di Ixè. «Molto meno del 2-3%», sostiene. E il M5S? Dipende da Conte. Potrebbe anche non subire danni anche perché «nel ranking del gradimento dei leader, Draghi è sempre al primo posto ma al secondo c’è lui». «Ma tutto ciò ha bisogno di essere nutrito da atti politici, non da ambiguità», sottolinea.

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I consensi

In effetti, nelle classifiche di apprezzamento dei leader Luigi Di Maio, a differenza del presidente M5S, non ha mai brillato.

Allo stesso tempo, però, Conte non è ancora riuscito a tradurre in consensi nelle urne quella stima che registrano le rilevazioni. Inoltre bisogna capire anche quale distribuzione territoriale avranno i voti, visto che M5S è un partito radicato al Sud.

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Per Carlo Buttaroni, presidente di Tecnè, la scissione penalizzerà «tantissimo» il Movimento anche perché ora «definitivamente non sono più visti come quelli di Grillo, anche se lui resta garante. Conte doveva essere la congiunzione tra l’ala movimentista e quella governista ma adesso mancano le radici». Il punto è anche quale spazio andrà ad occupare Di Maio. «Lui – spiega ancora - rappresenta più quell’area di centro che non è nuova in Italia ma non è più così corposa. I moderati di oggi cercano risposte, non testimonianze», quindi «probabilmente ci troviamo sotto il 2-3%».

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Anche Antonio Noto, direttore di Noto sondaggi, preferisce non dare cifre ma ammette che «c’è il rischio» che i pentastellati scendano sotto la doppia cifra perché «Di Maio era più radicato di quanto non sia Conte che è visto un po’ come un estraneo». Quali performance elettorali potrà fare il ministro degli Esteri, però, dipende anche dal progetto. «È possibile che non nasca un partito di Di Maio ma un partito in cui c’è anche Di Maio e questo cambierebbe il consenso».

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