Smart working, cosa cambia con la fine dello stato d'emergenza (e le novità per i fragili): le 5 domande chiave

Tra quindici giorni il lavoro agile entrerà in una fase transitoria in cui sarà possibile comprendere se è davvero destinato a restare o meno

Smart working, cosa cambia con la fine dello stato d'emergenza (e le novità per i fragili): le 5 domande chiave
di Francesco Malfetano
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Martedì 15 Marzo 2022, 10:35 - Ultimo aggiornamento: 16:19

Ancora due settimane e insieme allo stato d'emergenza cesserà anche lo smart working per come lo abbiamo conosciuto fino a questo momento. A partire dal 1 aprile infatti si torna alle regole ordinarie, cioè quelle indicate da una legge del 2017 (con alcune novità), ben prima che la pandemia stravolgesse la quotidianità di tutti. Così, anche se qualche forza politica lo invoca anche per disinnescare gli incredibili rincari dei carburanti seguiti all'invasione russa dell'Ucraina, il lavoro agile entrerà in una fase transitoria in cui sarà possibile comprendere se è davvero destinato a restare o meno. In realtà, in tal senso, è già evidente che lo farà. Secondo l'Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano infatti, lo smart working resterà nell’89% delle grandi aziende e nel 62% delle PA. Il nodo saranno portata e formula. In quanti resteranno davvero a casa a lavorare post pandemia? Quanti invece utilizzeranno formule ibride? E più in generale cosa succede realmente dal 1 aprile? Domande che milioni di lavoratori italiani (secondo le stime di Inaap, Istituto nazionale per l'analisi delle Politiche pubbliche, e dell'Osservatorio Polimi gli smart worker saranno tra i 4 e i 5 milioni) si pongono da tempo e che ora stanno per avere una reale risposta.

Smart working, nuove regole da aprile?

Il governo ha già annunciato che lo stato d'emergenza istituito a gennaio 2020 per fronteggiare l'esplosione della pandemia non verrà rinnovato dopo la scadenza del 31 marzo.

Vale a dire che verranno meno alcuni dei pilastri su cui si è poggiata la risposta italiana al Covid. Dalla struttura del Commissario per l'emergenza al Comitato tecnico scientifico, fino - appunto - allo smart working. Nel dettaglio per quanto riguarda il lavoro agile si torna alle regole ordinarie e quindi alle disposizioni previste dalla legge n. 81/2017, tra cui l’obbligo di accordo individuale tra azienda e lavoratore. Ad esempio verrà meno la “corsia preferenziale” per i lavoratori fragili, ovvero la modalità che ha consentito loro di trasformare lo smart working in modalità ordinaria per lo svolgimento della prestazione lavorativa. Alla norma però - applicata sia alle aziende che ai lavoratori - si affiancheranno le indicazioni contenute nel Protocollo sottoscritto dal Ministero del Lavoro e dalle Parti Sociali il 7 dicembre scorso. Una regolamentazione che, per essere attuata, porterà alcune novità.

Cosa cambia per i lavoratori?

Di fatto le aziende non potranno più adottare lo smart working per prevenire il contagio e, quindi, dovranno accordarsi con i dipendenti se vorranno proseguire con il lavoro da remoto. L’accordo individuale torna ad essere uno dei capi saldi. Come stabilito dal protocollo del 7 dicembre scorso (a breve emendato nel decreto Sostegni ter) lo smart working tornerà fruibile solo su base volontaria e, appunto, mediante la sottoscrizione di un accordo individuale tra azienda e lavoratore. Un contratto che dovrà essere adeguato ad un'eventuale contrattazione collettiva dell'area di riferimento e dovrà indicare necessariamente alcuni dettagli. Cioè la durata (se a termine o a tempo indeterminato), l’eventuale alternanza tra i periodi di lavoro dentro e fuori i locali aziendali, i luoghi eventualmente esclusi per lo svolgimento dell’attività di lavoro in modalità agile, gli aspetti relativi all’esecuzione dell’attività lavorativa in smart working (anche tenuto conto delle modalità di direzione da parte del datore di lavoro e delle condotte sanzionate), la gestione degli strumenti di lavoro (personali o forniti dall'azienda?), i tempi di riposo e le misure adottate per assicurare la disconnessione, le forme e modalità di controllo della prestazione lavorativa, nel rispetto del diritto alla privacy, l’attività formativa necessaria per il lavoro in modalità agile e, infine, forme e modalità di esercizio dei diritti sindacali. Tutte questioni che fino ad oggi sono state affrontate diversamente da ogni azienda perché si aveva accesso al cosiddetto regime semplificato, vale a dire possibile anche senza accordi individuali e con l’invio di una comunicazione telematica contenente esclusivamente nominativi e data di cessazione della prestazione di lavoro in modalità smart. In realtà però qualche semplificazione resterà lo stesso.

Cos'è la comunicazione telematica?

Tornando al regime ordinario ogni azienda dovrebbe trasmettere al ministero del Lavoro l'accordo raggiunto con ogni dipendente. Un appesantimento burocratico che, secondo gli esperti, finirebbe con il rallentare l'adozione del lavoro agile. Si sta infatti parlando di milioni di accordi individuali che pioverebbero, tutti insieme, sul ministero. Finora solo il 14,5% dello smart working è basato su accordi singoli, il 16,5% su accordi collettivi, il 22% su regolamenti aziendali. Il 37% dei lavoratori - come riporta Il Sole 24 ore - ha lavorato da remoto su base fiduciaria.   Per questo, proprio da parte dei tecnici del ministro Andrea Orlando, è stato messo appunto un intervento di legge pronto ad essere incardinato in un emendamento al decreto Sostegni ter (o comunque attivato entro il 31 marzo). Un provvedimento che, in estrema sintesi, consentirà alle aziende di fare un invio dei dati "cumulato" e non trasmettere la documentazione del singolo caso.

E i lavoratori fragili?

Tecnicamente con il regime ordinario terminerebbe anche la possibilità per i lavoratori fragili di assumere come "normale" la possibilità di lavorare da remoto. Per cui dal 1 aprile dovrebbero rientrare tutti fisicamente nel proprio ufficio. Tuttavia, all'interno dello stesso provvedimento che istituirà la procedura semplificata per le aziende, dovrebbe finire anche una norma che di fatto prolunga lo smart working per questi dipendenti (solo del settore privato). Nel testo infatti è prevista l'estensione al 30 giugno della possibilità di svolgere la prestazione lavorativa in modalità agile, anche attraverso lo spostamento a una diversa mansione (compresa però nella medesima categoria o area di inquadramento) oppure attraverso lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale anche da remoto.

Cosa ne pensano aziende e lavoratori?

A cercare di fare il punto è l'indagine condotta da Reverse, un'azienda internazionale di consulenza, "Lavoro liquido: a che punto siamo tra smart working e nuova governance”. Svolta su imprese e lavoratori italiani tra i 25 e i 60 anni che hanno usufruito almeno parzialmente in smart working, evidenzia come entrambe le categorie concordino sulla linea comune di mantenere lo smart working in futuro, concordando nel voler adottare una soluzione ibrida e flessibile (I maggiori sostenitori sono i 20-30enni). Tant'è che secondo l'Osservatorio sullo smart working del Politecnico di Milano il lavoro agile rimarrà o sarà introdotto nell’89% delle grandi aziende, dove aumenteranno sia i progetti strutturati sia quelli informali. In particolare viene stimato che nel post-pandemia saranno 4,38 milioni gli smart worker, soprattutto ricorrendo a formule ibride: in media 3 giornate “agili” nelle grandi aziende.

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