Scuole aperte ad aprile ma niente zone gialle. Salvini: «Votiamo contro». Ma Draghi lo gela

Scuole aperte ad aprile ma niente zone gialle. Salvini: «Votiamo contro». Ma Draghi lo gela
di Alberto Gentili
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Sabato 27 Marzo 2021, 01:17 - Ultimo aggiornamento: 01:36

La stretta anti-Covid continuerà fino al 30 aprile. Dopo la Pasqua blindata molto resterà com’è. Niente zone gialle, ma solo rosse e arancioni: ristoranti e bar, cinema e teatri ancora chiusi, come sbarrati resteranno i confini regionali e si dovrà continuare a tornare a casa prima del coprifuoco. Un solo segnale in controtendenza, ma simbolico e importante per bimbi e famiglie: da mercoledì 7 aprile gli alunni delle scuole dell’infanzia, delle elementari e della prima media potranno tornare in classe. Nel Lazio, che si appresta a tornare arancione, invece ci sarà scuola anche martedì e mercoledì prossimi.

Draghi, di fronte ai «dati oggettivi» forniti dal ministro della Salute Roberto Speranza e dagli esperti del Cts, sceglie una volta di più la linea «del rigore e della massima prudenza».

E questa volta ci mette la faccia, annunciando personalmente la nuova stretta che verrà decisa martedì con un decreto: «La situazione rimane molto preoccupante. Avevamo deciso che se ci fosse stato uno spazio, lo avremmo utilizzato per la scuola fino alla prima media. E così abbiamo fatto. Aprire ulteriormente aumenterebbe il numero e le forme di contagio». Insomma, il «tesoretto» rappresentato dal lieve rallentamento dell’epidemia - per usare le parole di Speranza - è investito dal governo tutto sulla scuola. «Riaprirla è una priorità», è la parola d’ordine.

La reazione di Matteo Salvini, sconfessata la sua linea aperturista, è stata caricare a testa bassa. Negli ultimi giorni il leader leghista aveva già ingaggiato battaglia, parlando di aprile come il mese «della resurrezione degli italiani dalle restrizioni». Così, informato da Giancarlo Giorgetti della conferma del giro di vite decisa nel vertice di maggioranza e proprio mentre Draghi annunciava la conferma dello stretta in conferenza stampa, Salvini ha dettato un comunicato minacciando perfino di non votare il decreto: «E’ impensabile tenere chiusa l’Italia anche per tutto il mese di aprile. Nel nome del buonsenso che lo contraddistingue chiediamo al presidente Draghi che dal 7 aprile, almeno nelle zone con situazione sanitaria sotto controllo, si riaprano le attività chiuse e si ritorni alla vita. Qualunque proposta in Consiglio dei ministri e in Parlamento avrà l’ok della Lega solo se prevederà un graduale e sicuro ritorno alla vita».

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I dati e il check del 15 aprile

La risposta di Draghi, sostenuto da Pd, 5Stelle e Leu, è arrivata in diretta: «Se sia pensabile o non pensabile la chiusura dipende esclusivamente dai dati. Dopo un anno di sofferenza, queste misure hanno dimostrato di non essere campate in aria. È desiderabile riaprire, lo è anche per me, ma la decisione sul se, cosa e quando riaprire, dipende esclusivamente dai dati che abbiamo a disposizione». Salvo poi prospettare un’ipotesi di mediazione, già concordata durante il vertice di maggioranza: «Faremo il decreto sulla base dei dati attuali, ma non escludo un cambiamento in corso. La situazione è complessa, va monitorata giorno per giorno». Traduzione: se l’epidemia calerà più rapidamente, ci potrà essere un allentamento delle restrizioni. Già fissata la data del check: il 15 aprile.
Di certo, al momento, c’è solo che durante il vertice di maggioranza a spuntarla è stato Speranza. Il ministro della Salute ha detto che la «curva dell’epidemia comincia a calare, ma la situazione resta seria e delicata», ha parlato delle terapie intensive vicine ai livelli di criticità, ha raccomandato di non compromettere la campagna vaccinale. Così alla stretta finale, scartata anche l’ipotesi della “zona gialla rafforzata”, soltanto il capodelegazione leghista Giorgetti ha puntato i piedi: «Chiudere tutto per altri 30 giorni è sbagliato e insostenibile, la gente non ce la fa più. Adottiamo piuttosto misure restrittive solo nelle aree a più alto tasso di contagio».

Su questa posizione Giorgetti non è stato seguito neppure da Mariastella Gelmini. La capodelegazione di Forza Italia, allarmata al pari del dem Dario Franceschini e del grillino Stefano Patuanelli dell’aggressività delle varianti, ha preferito puntare sul fronte economico. La richiesta a Draghi: «Lo scostamento di bilancio dovrà essere adeguato e deciso al più presto». In più «i ristori non dovranno essere a pioggia, ma dedicati ai settori più colpiti». Vale a dire: bar e ristoranti, palestre e piscine, negozi e centri commerciali. Richieste accolte dal premier.

 

 

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