Schlein, le epurazioni: via il figlio di De Luca alla Camera. Guerini: «Scalpo politico»

Piero, figlio del governatore campano, rimosso dalla carica di vicecapogruppo dem a Montecitorio

Schlein, le epurazioni: via il figlio di De Luca alla Camera. Guerini: «Scalpo politico»
di Andrea Bulleri
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Mercoledì 7 Giugno 2023, 06:11 - Ultimo aggiornamento: 09:24

Qualcuno nel Pd prova a scherzarci su, senza allegria: «Lo dice anche la bibbia che le colpe dei padri non dovrebbero ricadere sui figli. E invece...». E invece Elly Schlein ha deciso di dare il benservito a Piero De Luca, figlio del governatore della Campania Vincenzo. E così da ieri De Luca jr, 42 anni, approdato a Montecitorio nel 2018, non è più vice capogruppo dei dem alla Camera. Incarico che ricopriva da ormai tre anni, nei quali si era guadagnato una stima pressoché trasversale nel mare magnum delle correnti dem. Al punto che perfino Chiara Braga, numero uno della pattuglia di deputati Pd (di stretta osservanza schleiniana), pare abbia tentato di spezzare una lancia in favore del primogenito del presidente "sceriffo" campano. Niente da fare.

L'AFFONDO

Lui, il diretto interessato, non l'ha presa bene. Anzi: per Piero De Luca la rimozione forzata è una «vendetta trasversale che non fa onore». Un segnale di guerra al padre, insomma. «È chiaro a tutti affonda dopo qualche ora di silenzio l'ormai ex vice capogruppo che le logiche di questa vicenda non sono state fondate né su dinamiche politiche, né sulle competenze, né sul lavoro parlamentare, ma risentono di scorie non smaltite delle ultime primarie». Primarie in cui, non a caso, i De Luca avevano sostenuto compatti il rivale di Schlein, Stefano Bonaccini.

Non che i collaboratori della segretaria si affrettino a smentire.

Elly «doveva dare un segnale», si stringe nelle spalle chi è più vicino alla leader. Che non ha mai fatto mistero di non nutrire particolare stima per la De Luca dynasty, a cominciare dal padre. Con il quale Schlein era stata chiara ancor prima di espugnare il Nazareno: «Se toccherà a me, niente terzo mandato in Campania». Detto, fatto. «Il lanciafiamme ironizzava qualcuno ieri in Transatlantico stavolta l'ha imbracciato Elly, contro Vincenzo...».

Amarezze a parte, la decisione di silurare De Luca jr, che dovrà accontentarsi del ruolo di segretario d'aula con delega a Pnrr e riforme, non è un fulmine a ciel sereno. Perché se ufficialmente è arrivata ieri, durante l'ufficio di presidenza del gruppo Pd per completare gli organigrammi, erano settimane, se non mesi, che la segretaria lo aveva messo nel mirino. Il motivo? Difficile trovarne uno che non sia il nome (anzi, il cognome), che da solo basta a evocare l'immagine dei «cacicchi» a cui Schlein ha dichiarato guerra. «Piero è una persona collaborativa, che ha un buon rapporto con tutti: sul suo lavoro in Parlamento, non c'era nulla che si potesse eccepire», è il giudizio che corre tra i dem alla Camera.

Un provvedimento «ad personam», commenta un big tendenza Bonaccini, fatto «con l'unico scopo di mandare un segnale a De Luca padre e al partito in Campania». Lorenzo Guerini, che guida la corrente dei moderati di Base riformista, parla di un «processo al cognome», uno «scalpo politico» da esibire nei confronti di una persona «stimata da tutti i suoi colleghi». E il presidente del Copasir non è l'unico che, quando c'è da votare sui nuovi nomi proposti da Braga per l'ufficio di presidenza del gruppo a Montecitorio, preferisce uscire dalla stanza.

Critico anche Enzo Amendola, che fa notare come senza più De Luca né Peppe Provenzano come vice (quest'ultimo però può contare su un posto di peso in segreteria) si «indebolisce» la rappresentanza del Mezzogiorno. Alla fine neanche Amendola partecipa al voto, così come Piero Fassino e Marianna Madia. La quale punzecchia la segretaria: sarebbe preferibile rispettare l'autonomia dei gruppi (dove Schlein non ha la maggioranza).

 

IL MALUMORE

Il malumore, insomma, è palpabile, in casa Pd. Tanto più che Schlein non ha ancora convocato la direzione nazionale per discutere della sonora sconfitta alle amministrative. E probabilmente, non lo farà. Non gioisce neanche Bonaccini, che non incassa la nomina a vice capogruppo del "suo" Andrea De Maria (nominato invece tesoriere dei deputati). Confermata invece come numero due di Braga anzi promossa a "vicario" Simona Bonafè, di Base Riformista. Mentre al posto di De Luca e Provenzano entrano Valentina Ghio, orlandiana, Toni Ricciardi dei "neo-ulivisti" e Paolo Ciani, della sinistra di Demos.

Novità anche al Senato, dove Alessandro Alfieri (responsabile riforme e Pnrr della segreteria) cede il posto di vice di Francesco Boccia al cattolico (bonacciniano) Alfredo Bazoli. Entra come vice anche il lettiano Antonio Nicita, mentre vengono confermati Beatrice Lorenzin e Franco Mirabelli (area Franceschini). Gli equilibri nelle correnti, insomma, sono salvi. Ma la defenestrazione di De Luca, in un partito già alle prese con più di un mal di pancia, difficilmente non lascerà strascichi.
 

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