Caso Morra-Santelli, gli oncologi: «Chi ha un tumore può lavorare»

Caso Morra-Santelli, gli oncologi: «Chi ha un tumore può lavorare»
di Michela Allegri
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Domenica 22 Novembre 2020, 11:05 - Ultimo aggiornamento: 11:59

Il problema di base è la scarsa conoscenza. «Purtroppo la malattia oncologica viene ancora considerata uno stigma: non si comprende a sufficienza che una persona con diagnosi oncologica può essere ancora attiva e ricoprire anche incarichi pubblici», spiega Elisabetta Iannelli, avvocato e vicepresidente di AIMaC, l'Associazione Italiana Malati di Cancro parenti e amici. Non è solo politica la polemica esplosa dopo le parole del presidente della commissione parlamentare Antimafia Nicola Morra sulla presidente della regione Calabria, Jole Santelli, morta per un tumore e che aveva vinto le elezioni nonostante la malattia fosse nota.

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Anche oncologi, associazioni e malati si sono sentiti toccati nel profondo.

E rispondono spiegando non solo che la malattia si può vincere, ma anche che con il cancro si può imparare a convivere e, soprattutto, è possibile conciliare la tutela della salute con il diritto di avere un lavoro.


Le tutele


«Ci sono terapie e trattamenti che permettono di condurre una vita praticamente normale - spiega ancora la Iannelli, che può parlare in prima persona, avendo superato non solo un tumore, ma anche una recidiva con metastasi diffuse - molti superata la fase acuta sono in condizione di cronicità, che anche se comporta più difficoltà, come per esempio terapie continue, non impedisce una vita piena. È chiaro che un impiego pubblico può richiedere risorse aggiuntive, ma è il singolo che sa come regolarsi e quante risorse è in grado di spendere. Per quanto riguarda le parole del senatore Morra penso che non ci sia niente da aggiungere, se non un pietoso silenzio. La Santelli fino all'ultimo ha lavorato per il bene comune e ha scelto di curarsi nella regione è tra le più disastrate dal punto di vista sanitario».

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Leggi e tutele spesso ci sono, ma sono poco conosciute. Molti malati non dichiarano di avere una patologia oncologica per timore di essere discriminati, o di avere problemi al lavoro. «Rispetto ad anni fa la situazione è cambiata - continua l'avvocato Iannelli - ci siamo impegnati molto per sostenere i malati e renderli consapevoli dei loro diritti. Ma è necessario migliorare l'inclusione lavorativa, perché spesso c'è ignoranza di determinate situazioni. Spesso il datore di lavoro non sa come comportarsi, non sa che esistono norme, anche contrattuali, a sua tutela».

Parole che trovano d'accordo il professor Francesco Cognetti, presidente della Fondazione Insieme contro il cancro: «Insinuare che per un paziente oncologico sia preclusa una competizione elettorale significa cancellare anni di lotta al cancro. Oggi un malato di tumore può e deve svolgere una vita normale di relazione e professionale. Il 54% dei pazienti riesce a superare la malattia e a considerarsi guarito». E pure Giampaolo Tortora, direttore del Comprehensive Cancer Center della Fondazione Policlinico Gemelli di Roma, spiega che «è chiaro che fa una grande differenza lo stadio della malattia e il tipo di tumore, ma solo in Italia ci sono 3,6 milioni di pazienti guariti, che vivono e continuano le loro vite.

È un numero in crescita costante. Anche per chi sta lottando contro la malattia molte terapie consentono di condurre una vita normale e lavorativa». Anche il professor Tortora sottolinea la necessità di sensibilizzare i datori di lavoro, perché alcuni dati sono preoccupanti: «Spesso a parità di esperienza e capacità gli ex malati che stanno cercando un nuovo impiego non vengono chiamati per un secondo colloquio. Ed esistono molti benefici di carattere economico, previdenziale e assistenziale, ma parecchi datori di lavoro non li conoscono».


Smart working


La pandemia da coronavirus, inoltre, ha permesso al Paese di testare con efficacia uno strumento che potrebbe risolvere molte problematiche: lo smart working. «Quando è possibile i pazienti in terapia potrebbero scegliere lavorare da casa - continua Tortora - il problema della presenza fisica al lavoro durante i giorni delicati della chemioterapia potrebbe risolversi».

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