Lega, la solitudine di Salvini e la guerra con Renzi: «Fa solo supercazzole»

Lega, la solitudine di Salvini e la guerra con Renzi: «Fa solo supercazzole»
di Mario Ajello
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Venerdì 31 Luglio 2020, 06:28 - Ultimo aggiornamento: 08:28

La mascherina tricolore, il cappellino della Guardia Costiera. Sono un patriota io. Ecco Matteo Salvini in uno dei suoi giorni più duri. Un paio di senatori del Pd, avviandosi alla buvette dopo il voto che lo ha mandato a processo, sembrano addolorati per quello che hanno fatto: «Siamo stati volenterosi autori di una mattanza».

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Altri dem e renziani, incontrando Salvini nei corridoi del Senato, gli si avvicinano e gli fanno: «Matteo, hai ragione tu, ma l'indicazione del partito è stata quella di votarti contro». E lui: «Ma a me delle chiacchiere interessa men che zero, io guardo ai fatti». I fatti sono la solitudine dell'ex ministro («Ma io sono tranquillo. Gli altri devono vergognarsi, perché oggi festeggiano gli scafisti, i Palamara e i vigliacchi») e la sequela di processi che si stanno per aprire nei suoi confronti. A ottobre, quello sulla nave Gregoretti e poi questo.

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Con i suoi, i discorsi sono di questo tipo: «La verità è che noi siamo sotto il fuoco di un'offensiva giudiziaria paragonabile a quella a cui fu sottoposto Berlusconi». E Salvini rivolgendosi in aula agli altri partiti grida: «Quando toccherà a voi, la Lega starà dalla parte delle garanzie. Vi giudicheranno i cittadini e non i tribunali, perché l'unico tribunale è quello del popolo». Tra gli sbarchi che aumentano (Salvini fa vedere in Senato uno schemino: «Porti chiusi con Salvini 3654 arrivi, porti aperti con Lamorgese 13.094 arrivi») e la campagna elettorale per le regionali, il capo leghista si giocherà alla grande la parte del martire e dell'unico difensore della patria, mentre il governo apre le porte agli immigrati infettati. E sono carte giocabilissime queste, e magari anche vincenti.
 

 

Mattanza o meno, la questione che è andata di nuovo in scena ieri in Senato è se una decisione politica - che può piacere oppure no - possa essere giudicata in un tribunale alla stregua di un reato. E dicendo che non può esserlo, Salvini ha ragione. Che poi è anche quello che sostiene Matteo Renzi e il paradosso che il grande scontro di ieri - Matteo contro Matteo - ha avuto come fondamento un'identica visione dei rapporti tra politica e giustizia, che in Italia sono sballati. L'ex segretario Pd denuncia lo scandalo della chat dei magistrati, nella vicenda Palamara, proprio come fa Salvini. E se il leader leghista ha avvertito i partiti che rischiano tutti di finire sotto la scure dei pm, anche l'altro Matteo ha concluso il suo discorso così: «Maggioranza e opposizione si siedano a un tavolo per riformare i rapporti tra politica e magistratura». E citando Ernest Hemingway: «Non chiederti per chi suona la campana, essa suona anche per te».
 

LE OFFESE
E tuttavia, tra i due Mattei la battaglia è stata durissima. «Renzi è un tappetaro», sostiene Salvini appena capisce che quello gli voterà contro. E ancora: «E' un garantista dei miei stivali». Di più: «Noto il silenzio dei 5 Stelle, meglio delle supercazzole di Renzi». («Eh, no, queste espressioni non si usano», lo redarguisce la presidente Casellati). E ancora lui: «Vedo che Renzi ha come modello De Gasperi ma si comporta come uno Scilipoti qualsiasi». E via così nell'autodifesa del Matteo lumbard: «Questo è un voto politico! E come diceva Luigi Einaudi: quando la politica entra nella giustizia, la giustizia esce dalla finestra». E così, stavolta, Salvini non si difende dicendo che se a processo ci va lui deve andarci anche Conte, come corresponsabile. No, adotta il modello di Berlusconi: quello del c'è una maggioranza che sceglie la via giudiziaria e non quella democratica di libere elezioni per battere i suoi avversari politici. Miele per le orecchie del Cavaliere, che infatti subito si complimenta con Matteo per la svolta berlusconiana.

In effetti anche al di là della vicenda Open Arms, Salvini è stato mandato davanti ai giudici sulla scorta di ragioni di politica politicante (Renzi ha ottenuto da Pd e M5S ciò che voleva nella spartizione delle presidenze delle commissioni parlamentari, e non ha potuto non tenere conto anche di questo), per l'abitudine della sinistra all'uso politico delle inchieste e per l'irresistibile amor di manette (per gli altri) di M5S. E Salvini, mai come ieri, è apparso accerchiato.

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