Governo, perché Lega vuole il ministero della Famiglia? Dal no all'ideologia gender alla riforma fiscale per le famiglie numerose

Nel programma del Carroccio il "No all'ideologia gender" e sull'aborto d'accordo con Meloni: il diritto va preservato ma si punta alla prevenzione

Governo, perché Lega vuole il ministero della Famiglia? Dal no all'ideologia gender alla riforma fiscale per le famiglie numerose
di Fausto Caruso
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Domenica 9 Ottobre 2022, 13:04 - Ultimo aggiornamento: 16:15

«La famiglia costituisce la cellula fondamentale della società». La frase è di Giovanni Paolo II, ma oltre che nei catechismi trova posto anche nel programma elettorale della Lega di Matteo Salvini. Il Santo di Cracovia viene citato in apertura del capitolo “Famiglia e Natalità”, dicitura che il “Capitano”, come annunciato venerdì sera all’assemblea di partito di Saronno, vorrebbe trasformare in un ministero del nascente governo di centrodestra, ovviamente con un leghista a capo.

La proposta si inserisce nelle dure trattative in corso per la formazione dell’esecutivo, in cui la mira principale di Salvini, ormai quasi del tutto sfumata, rimane il suo ritorno al ministero degli Interni. Avere un dicastero, o almeno la delega, alla Famiglia, per cui sono in corsa il vice-segertario Lorenzo Fontana e l’attuale ministra per le Disabilità Erika Stefani, non sarebbe però solo un contentino o una bandierina ideologica, ma permetterebbe al Carroccio di realizzare una larga sezione del proprio programma.

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Le proposte della Lega

Al di là dei temi ideologici più controversi, la prima misura che la Lega intende attuare per sostenere le famiglie è una rimodulazione della tassazione che non sia più solo «verticale, ma anche in senso orizzontale», si legge nel programma, vale a dire tassare di meno le famiglie numerose anche a parità di reddito. A questo si aggiungono «piena detraibilità delle spese per i figli a carico, esenzione a vita dalla tassa sui redditi per tutte le madri di famiglie numerose che partoriscano e si prendono cura di almeno 4 figli, azzeramento o riduzione dell’Iva su pannolini e latte in polvere. Per le donne: computo di 1 annualità figurativa e anticipo pensione per ogni figlio avuto». Salvini punta sul valore produttivo della famiglia, ma le misure elencate, specialmente se aggiunte a flat tax e quota 41 per le pensioni, rischiano di diventare un peso eccessivo per le casse di uno Stato che ha già un rapporto debito Pil del 150%.

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Oltre all’assistenzialismo economico il programma del Carroccio mette poi in primo piano la propria idea di «difesa della famiglia» e «difesa valoriale». Il primo provvedimento da cui la famiglia va difesa è individuato esplicitamente nel Ddl Zan, il disegno di legge contro l’omotransfobia affossato al Senato durante la scorsa legislatura perché, secondo gli avversari, avrebbe limitato «la libertà di opinione e di parola». Da questo punto di vista Salvini e i suoi non hanno dubbi che «La famiglia naturale, con una mamma e un papà, costituisce la cellula fondamentale della società». Da qui anche il «No all’ideologia gender» e all’introduzione nei programmi scolastici del concetto di «Identità di genere» al posto dei tradizionali “maschio” e “femmina”.

Sulla stessa lunghezza d’onda si inseriscono anche la contrarietà alla maternità surrogata e all’eutanasia, mentre per i giovani si punta forte sulla prevenzione all’uso delle droghe, comprese quelle leggere che altri partiti vorrebbero invece legalizzare.

La questione dei diritti e le proteste degli avversari

Il documento depositato prima delle elezioni si esprime anche su uno dei temi maggiormente attaccato durante la campagna di centrodestra: il diritto all’aborto. A tal proposito il programma della Lega è in piena sintonia con quello di Giorgia Meloni, che da nessuna parte chiama l’abolizione della legge 194 del 1978, ma prevede «Fondi da destinare alle ragazze madri in difficoltà, che altrimenti deciderebbero di interrompere la gravidanza per ragioni economiche» per mettere in pratica la parte sulla prevenzione contenuta nella medesima legge.

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Le dichiarazioni di intenti non sono però bastate a rassicurare avversari politici e comunità Lgbtq sulle garanzie offerte in tema di diritti dal futuro governo a guida FdI. «Meloni non è ancora arrivata a Palazzo Chigi e già mette mano ai diritti», ha dichiarato l’ormai ex deputata Pd Monica Cirinnà, autrice della legge sulle unioni civili. Per poter dare una valutazione oggettiva occorrerà attendere che il governo venga effettivamente nominato, e prima ancora bisognerà vedere quale equilibri interni troveranno nella ripartizione dei ministeri i tre partiti di maggioranza, che ieri dopo un vertice nella villa di Berlusconi ad Arcore hanno rilasciato una nota congiunta che esprime unità di intenti. La partita a scacchi continua.

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