Salvini, lo scontro con Giorgetti lo indebolisce e complica la partita del Quirinale

Salvini, lo scontro con Giorgetti lo indebolisce e complica la partita del Quirinale
di Marco Conti
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Venerdì 5 Novembre 2021, 12:07 - Ultimo aggiornamento: 6 Novembre, 10:13

ROMA La narrazione delle riunione leghista di ieri sera, si legge oggi qua e là, sarebbe finita con il “decido io” di Matteo Salvini e le scuse, un po’ fantozziane, di Giancarlo Giorgetti. Bravi gli spin’ che da dietro la porta della sala mandavano messaggi ai mezzi di informazione in fibrillazione data l’ora, ma il finale non convince. Soprattutto non spiega due cose: perché convocare una riunione d’urgenza del Consiglio federale a seguito di una mezza intervista di un ministro che si era anche affrettato a dire di essere stato frainteso, e perchè lo stesso ministro abbia da qualche tempo trovato quel coraggio che in decenni di militanza nella Lega ha sempre tenuto nascosto anche nei momenti di maggior debolezza dei leader di allora.

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Ma se quattro chiacchiere fatte con uno che deve scrivere un libro sono in grado di scatenare un terremoto, c’è da pensare a quanto debba sentirsi debole il terremotato. 

Salvini circondato e in crisi di appeal

Non è finita qui, è evidente.

Come è chiaro che Matteo Salvini sente la terra muoversi sotto i suoi piedi dal giorno del Papeete e dei pieni poteri. Una lenta ma costante discesa di appeal messa in crisi dalle difficoltà che da tempo incontra il “Capitano” a mixare  la lotta con il governo.  In estrema sintesi, si complica  per il leader del Carroccio l’obiettivo di arrivare a Palazzo Chigi. Stretto tra Giorgia Meloni che avanza nei sondaggi e Bruxelles che tifa per Mario Draghi, Salvini si agita e vede nemici un po’ ovunque.

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 I quindici punti persi dal Carroccio dalle Europee ad oggi, pesano anche perché finiscono con il gonfiare le percentuali di FdI, ma soprattutto pesa la difficoltà con la quale Salvini da mesi insegue l’idea di formare un nuovo gruppo al Parlamento Europeo. Pur essendo stato a lungo europarlamentare, Salvini non è riuscito ancora nell’impresa e ora rischia di doversi accontentare di ritrovarsi con Orban e Morawiecki, due presidenti del Consiglio di due paesi che sono da tempo in conflitto con Bruxelles perché faticano a riconoscere nei propri ordinamenti i principi dello stato di diritto. I due ‘soci’, uniti forse anche alla francese Le Pen, dovrebbero risultare un tantino imbarazzanti per chiunque intenda aspirare a Palazzo Chigi. Il nostro Paese è il maggiore beneficiario dei fondi messi a disposizione da Bruxelles e a differenza di Polonia e Ungheria, non ha contenziosi tali da mettere in discussione la stessa partecipazione all’Unione. 

La fretta di Salvini di andare al voto quanto prima in modo da non essere superato definitivamente dalla Meloni è ormai evidente, ma rende però la partita del Quirinale ancor più complicata. Pensare di spingere Draghi verso il Colle per poi incassare il voto anticipato rischia infatti di creare un ostacolo non da poco all’ex governatore della Bce, data la paura che hanno quasi tutti i parlamentari di una fine anticipata della legislatura.

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