“Segnatevi questa data: il 26 gennaio faremo la storia!”, ha scritto su Twitter. Ieri l’ha ammesso lo stesso governatore dem Stefano Bonaccini: “La partita è apertissima”. Quello del Salvini più moderato, più inclusivo, deciso ma non contundente sarà il format che ha deciso di adottare perché il più adatto a parlare al popolo della sinistra stanco della sinistra ma non disposto a mettersi nelle mani di un leader troppo divisivo e troppo destrorso.
Il problema di Salvini orto e che la sua candidata governatrice, Lucia Borgonzoni, anche nel Carroccio non viene considerata molto competitiva. “Dovrà pensarci Matteo a vincere e lui sa farlo”, dicono nella Lega. Alle ultime elezioni regionali, nel 2014, in piena epoca renziana, l’attuale presidente Bonaccini ha vinto con 20 punti di distacco proprio su un candidato leghista, Alan Fabbri (49 per cento contro 29,8). Ma cinque anni in politica sono tanti. Alle Europee di maggio primo partito è risultato la Lega, con il 33,7 per cento, seguita dal Pd, col 31,2, e dal Movimento 5 Stelle al 12,8. Se M5S e Pd si presentano divisi, Salvini vince in agilità.
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