Salvini incontra Draghi a palazzo Chigi: «Dammi una mano a svelenire il clima»

Faccia a faccia a palazzo Chigi tra il leader della Lega e il premier

Salvini incontra Draghi a palazzo Chigi: «Dammi una mano a svelenire il clima»
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Mercoledì 13 Ottobre 2021, 16:48 - Ultimo aggiornamento: 21:11

«Dammi una mano a svelenire il clima». Matteo Salvini lo chiede a Mario Draghi, nel secondo dei colloqui settimanali che d'ora in poi vorrebbe avere con il presidente del Consiglio. Lo fa alla vigilia di ballottaggi molto difficili per il centrodestra: indossa i panni della Lega di governo, per domandare al premier di promuovere una «pacificazione», lamentare gli attacchi da sinistra, provare a non rimanere 'schiacciato' dalla piazza antifascista dei sindacati di sabato, alla quale non parteciperà.

Draghi, che lunedì è stato in visita alla Cgil e ora ha sul tavolo il dossier dello scioglimento di Forza Nuova, lo ascolta. Ma alla fine Palazzo Chigi riporta l'incontro ai temi dell'agenda di governo: fisco e manovra.

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Un centrodestra preoccupato, in vista dei ballottaggi di domenica che puntano i fari su Roma e Torino, cerca di compattarsi sotto la bandiera della «pacificazione».

Il che in sostanza vuol dire - traduce Salvini nel colloquio con Draghi - «un invito a tenere i toni bassi». Il leader della Lega non chiede - come potrebbe, del resto - al presidente del Consiglio di intercedere per il rinvio della piazza antifascista convocata dai sindacati per sabato a Roma.

Non invoca neanche la rimozione del ministro dell'Interno Luciana Lamorgese, criticata con durezza più volte al giorno nelle dichiarazioni sui social. Ma chiede un freno alle «campagne di delegittimazione che nelle ultime settimane sono state particolarmente feroci contro il centrodestra, a partire da Lega e Fratelli d'Italia».

Salvini si presenta da Draghi preceduto da una dichiarazione di fuoco: avverte sui rischi di tensioni venerdì, quando partirà l'obbligo del Green pass e su un Paese che rischia di «non andare lontano». «Tirare fuori gli scheletri dal passato non fa bene all'Italia e non fa bene al governo, non c'è rischio di ritorno di fascismo e nazismo», aggiunge. «Ma siccome di alcuni ministri non ho particolare stima né fiducia, ne parlerò con il manager, l'amministratore delegato di questo governo. Puoi avere un genio come premier, ma se la macchina è fuori controllo non vai lontano». Da Palazzo Chigi, dopo un'ora di colloquio, viene diramata una stringata nota secondo la quale il premier e il segretario hanno discusso «dei provvedimenti economici di prossima emanazione, con particolare riferimento alla legge di bilancio e al decreto fiscale».

Nessun accenno a interventi di «pacificazione» o discussioni sulle richieste leghiste sul Green pass, come quelle di tamponi gratis e di estenderne la validità a 72 ore. Del resto la linea del premier per ora non accenna a cambiare: avanti con l'obbligo e con le regole fissate, che prevedono solo prezzi calmierati per i tamponi. In sintesi, corregge la sua narrazione in serata Salvini, dal palco di un comizio a Latina, «non abbiamo parlato di Hitler o Stalin, ma di lavoro, di pensioni»: un nuovo rinvio delle cartelle, il taglio delle bollette, il «no all'aumento delle tasse» (ancora una volta, Draghi ripete che non ne ha alcuna intenzione) e il no al «ritorno della legge Fornero». Di fondo, più una richiesta di «aiuto» in un «momento delicato» («Draghi ha capito», dice), che una minaccia di ribaltare il tavolo.

E mentre anche Vasco Rossi definisce «divisivi» i leader del centrodestra, Giorgia Meloni torna a lamentare un «killeraggio»: un tentativo, sostiene, di dipingere gli esponenti della destra italiana come «mostri». Per non farsi schiacciare sulla piazza violenta, Salvini si rivolge a Draghi, Meloni attacca Lamorgese. Ma resta il no del centrodestra alla proposta Pd di un tavolo comune sulle mozioni (troppo «di parte», dice il leghista) per chiedere lo scioglimento di Forza nuova.

Enrico Letta fa sapere che sabato sarà in piazza San Giovanni con i sindacati, non con bandiere di partito ma «con il tricolore che ci unisce, con la nostra Costituzione che ripudia il fascismo e che chiede che venga impedito la ricostituzione di qualsiasi movimento neo fascista». La pacificazione, affermano al Nazareno, deriva dalla Costituzione. Gli attacchi a Lamorgese sono «diversivi» e «tentativi di distrarre il dibattito pubblico dalle difficoltà della destra, le divisioni e gli insuccessi elettorali».

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