Salvini: con altri no il governo rischia. Ed evoca il pericolo di un asse Pd-M5S

Salvini: con altri no il governo rischia. Ed evoca il pericolo di un asse Pd-M5S
di Alberto Gentili
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Giovedì 18 Luglio 2019, 07:29 - Ultimo aggiornamento: 10:01

«Non mi ha telefonato e non mi ha mandato neppure un messaggio. Ho scoperto dalle agenzie che Conte riferirà in Senato sulle fantasie dei soldi da Mosca». Matteo Salvini ancora non rompe ma i suoi rivelano che «è di giorno in giorno sempre più esasperato». Nel mirino del leader leghista c'è Giuseppe Conte ma anche i 5Stelle. E si sarebbe sfogato: «Se continuano con i no qui cambia tutto e il governo rischia». Tav, autonomia e i poteri sul mare nel decreto sicurezza. Sono questi i tre no dei grillini che fanno innervosire Salvini.

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La convocazione in Aula per il caso Russia? Certo, Conte «alla fine ci fa anche un favore», dice Salvini, «forse il premier riuscirà a mettere a tacere il Pd e chi pretende che vada in Aula a perdere tempo parlando di una vicenda che non esiste». Ma resta il fatto che il capo della Lega aveva chiesto ai 5Stelle e al premier di smetterla di attaccarlo. «Invece quelli continuano. E la mia pazienza non è infinita...».

Tant'è, che tra i suoi in molti scommettono che «non durerà ancora a lungo» il governo giallo-verde. «Al massimo arriveremo alla primavera»: «Ormai al finestra elettorale per votare a settembre è chiusa e c'è da portare a casa il decreto sicurezza bis. In più, se aprissimo la crisi facendo cadere le elezioni durante la sessione di bilancio», spiegano nell'entourage di Salvini, «con ogni probabilità salterebbe fuori, con il pretesto di evitare l'esercizio provvisorio, un governo sostenuto dai grillini, decine di Scilipoti di turno e da una parte del Pd. Zingaretti è contrario, ma molti parlamentari dem no. E' meglio aspettare».

Chi non aspetta è Conte, non certo però per andare a elezioni. Il premier, che è stato costretto a sottolineare di essere «la massima autorità del governo» per provare ad arginare le incursioni di Salvini, negli ultimi giorni si è lanciato in un protagonismo inedito. Ha bacchettato il capo leghista per aver ospitato al Viminale l'incontro con le parti sociali sulla legge di bilancio e ieri ha riportato il dossier a palazzo Chigi, «l'unica sede titolata e competente», benedicendo il workshop proposto da Luigi Di Maio. Ha sgridato il ministro leghista Gian Marco Centinaio che alla Confagricoltura ha parlato di «investimenti significativi»: «Ho orecchiato grandi promesse, non vorrei fossero eccessive».

«VULNUS ALLA TRASPARENZA»
Soprattutto, il premier, ha schiaffeggiato Salvini sul fronte del Russiagate, accettando di andare a riferire in Senato mercoledì prossimo al posto del ministro dell'Interno. Spiegazione di palazzo Chigi: «Conte vuole garantire ai cittadini massima trasparenza e se il leader della Lega si rifiuta di farlo, è lui a riempire questo vuoto e a riparare questo vulnus». Inutile dire che il leader leghista non ha gradito. E, fa sapere, non esclude di andare ad ascoltare il premier in Aula martedì: «Sono senatore, ci sta...». Non è però solo la sfida di Conte («ormai completamente schierato dalla parte dei 5Stelle») sul Russigate a irritare il capo della Lega. A mandarlo su tutte le furie è «il cieco giustizialismo di Di Maio e soci».

A lasciarlo basito, mentre arrivava a Helsinki per il vertice dei ministri dell'Interno della Ue, è stato «il silenzio assordante dei 5Stelle sull'assoluzione di Garavaglia»: «Alla vigilia c'era stata la corsa a dire che se condannato doveva dimettersi, una volta assolto neppure un fiato. Questi non sono alleati, si comportano come avversari». Ma, si diceva, è il timore di un governo M5S-Pd a sconsigliare al capo della Lega di aprire a crisi adesso. Ipotesi che manda su tutte le furie sia Nicola Zingaretti che Di Maio. E che i grillini spiegano così: «Questa storia se l'è inventata e l'ha messa in giro Berlusconi per spaventare Salvini e spingerlo a fare un governo con lui».

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